Come firmare un documento PDF senza stamparlo

Molto spesso ci capitano tra le mani dei documenti in formato PDF e non sappiamo come fare a compilarli. In realtà grazie alle innumerevoli applicazioni disponibili per i nostri smartphone questo non è più un problema.
  

Come compilare un PDF da Smartphone

Quante volte riceviamo sullo smartphone, tramite WhatsApp e Telegram, documenti in Pdf? Il modo migliore per gestirli, se non abbiamo la possibilità di accedere a questi file tramite un computer fisso, è utilizzare delle App apposite per mobile. Tra le soluzioni gratuite per compilare moduli senza stamparli troviamo le seguenti applicazioni: Adobe Fill & Sign e PDF Extra. Disponibili sia per Android che iOS nei rispettivi store.

Inutile dire che anche il caro vecchio Adobe Acrobat Reader è disponibile per cellulare ed è tra i migliori software in assoluto quando si parla di compilare o firmare agevolmente i nostri documenti pdf. Nella prossima sezione infatti troverai, passo dopo passo, come scrivere su di un PDF utilizzando Acrobat Reader.
  

Firmare PDF gratis da cellulare con Acrobat Reader

Supponiamo di aver ricevuto via WhatsApp o tramite mail un PDF e di averlo quindi scaricato sul cellulare. Il primo step è installare l’applicazione di Adobe, Acrobat Reader. Fatto questo passiamo ad aprire il file da compilare sull’App. Nella sezione “recenti” della Home dovresti visualizzare gli ultimi pdf scaricati, così non fosse puoi sempre effettuare una ricerca dall’apposita icona a forma di lente di ingrandimento. Iniziamo…
  

Firmare il modulo PDF

Dopo aver aperto un file segui i passaggi di seguito alla lettera.

  • Apri il file PDF;
  • Clicca in basso, sull’icona blu a forma di matita;
  • Apparirà il tasto “Compila e Firma”;
  • Clicca ora sull’icona a destra, a forma di stilografica;
  • Vai su “Crea firma” per aprire l’interfaccia dove firmare;
  • Scegli uno spazio del documento e clicca per apporre il tuo autografo.

 
Se hai effettuato tutti gli step nel modo corretto avrai visualizzato le seguenti schermate, ecco le immagini riassuntive:

screenshot passaggi per firmare su acrobat reader mobile
Screenshot Acrobat Reader Mobile – Come firmare un pdf

  

Cosa sono i PDF editabili

Ho preferito parlarti di Acrobat Reader per due motivi, il primo è che il formato PDF (Portable Document Format) è stato sviluppato da Adobe attorno agli anni 90, questo rende gli strumenti come Acrobat Reader e la sua versione PRO, tra i più completi per manipolare questo tipo formato. Il secondo motivo è perché volevo introdurti il concetto dei file PDF editabili.

Aprendo un documento PDF pensato a monte come editabile con alcune App gratuite, o già installate di fabbrica sul nostro smartphone, non sempre è possibile sfruttare i benefici di un PDF editabile.
Se lo stesso file PDF invece viene aperto su Acrobat allora appariranno dei box, predisposti appositamente per l’utente, in corrispondenza delle sezioni da compilare. Per inserire facilmente i nostri dati nel PDF useremo solo la tastiera del nostro dispositivo o un banale click.

A questo punto, la domanda che probabilmente ti starà balenando in mente riguarda la questione della validità legale di questi file. Firmare un documento tramite lo screen del tuo dispositivo smartphone, o tablet che sia, è considerato al pari della firma cartacea. Se ci pensi bene ormai questa modalità di validazione è in voga da tempo anche nei vari uffici istituzionali quindi è, a tutti gli effetti, una maniera consona di firmare purché il tutto risulti ben leggibile.

    
Hai un’enorme quantità di file PDF da modificare o vorresti renderne qualcuno editabile e non sai come fare? Inviami un messaggio.

Web 3.0 e Web3

img di una rete decentralizzata stilizzata

Il web che conosciamo non è ancora giunto alla sua forma finale, quali saranno le sue applicazioni future? Scopriamolo insieme. In quest’articolo ripercorreremo passo dopo passo le origini del web dalla versione 1.0 fino a chiarire le differenze tra il web semantico – o web 3.0 – e il web3.
  

L’evoluzione del web

Hai mai sentito parlare di web 1.0? Devi sapere che durante la fine degli anni ‘90 navigare online significava fruire contenuti confezionati appositamente per noi dove, per ogni articolo o pubblicazione online, la nostra sola possibilità come utenti era quella di reperire e leggere informazioni spostandoci da un sito all’altro. Un vero incubo per chi è cresciuto nell’era dei social media.

Le potenzialità del web suggerivano però già a quel tempo che si potesse fare molto di più che navigare e mandare email, si pensò quindi a come rendere quell’ambiente “statico” un posto “dinamico” passando così da meri spettatori a protagonisti della rete.

screenshot da wayback machine di Google - ottobre 2000
screenshot da wayback machine di Google – ottobre 2000

  

Un web dinamico

Inconsciamente ogni giorno affrontiamo questo argomento, immagina una conversazione a senso unico in cui non c’è interazione. In un sito web statico accade questo, l’utente può solo navigarlo, scorrere le pagine una dietro l’altra senza che vengano registrate le sue preferenze in un database. Dalla quantità di piattaforme di commercio elettronico o di social media network che spopolano ogni giorno, comprenderai che l’approccio al web ormai è diventato dinamico. Un nostro click può fare la differenza e produrre effetti diversi in base al modo in cui interagiamo, questo è il web 2.0.

A caratterizzare ancora una volta il web 2.0 è la presenza di grandi brand sulla rete. Queste entità gestiscono un’importante quantità di dati ed informazioni ma stavolta supportate da un vasto pubblico di utenti che, continuamente, genera contenuti propri su app e piattaforme. Il frutto di semplici interazioni come scambi di foto, video, commenti e condivisioni, collezionati online prendono il nome di big data o megadati; giganteschi volumi di informazioni che non accennano a fermarsi.   

L’arrivo dei Big Data

Prima di proseguire diamo una definizione di cosa sono i Big data o megadati. Quando siamo di fronte ad un’enorme quantità di dati (3V) con un elevato Volume di informazioni di Vario genere che cresce Velocemente parliamo di Big Data.

Se pensiamo per un solo istante al web nella sua interezza, a come è strutturato, o semplicemente alla marea di informazioni in circolazione, ci rendiamo subito conto del caos che regna in rete.
L’intuizione di far generare contenuti agli utenti ha portato al progresso che conosciamo e le grandi compagnie, come Google, Meta ecc., hanno cavalcato l’onda riuscendo a trarre un guadagno. All’inizio nessuno si era mai posto il problema della complessità dei dati che ne sarebbe derivata.
Il web 2.0 è stato un enorme balzo in avanti, ma ha prodotto dati “non strutturati”, difficili a volte da reperire, organizzare o interpretare correttamente.
   

Web 3.0 o Web semantico

Web 3.0 e Web3 spesso vengono utilizzati come sinonimi, ma in realtà sono due concetti completamente diversi. Tim Berners Lee (di W3C) è stato il primo a idealizzare il “web semantico”, un concetto davvero interessante che però non risolve alcuni problemi di fondo di cui il web 2.0 soffre e che vedremo a breve.
Lo standard web 3.0 prevede l’utilizzo di quelli che in gergo vengono chiamati “metadati”. Cosa sono?

Si tratta di informazioni aggiuntive non visibili direttamente dall’utente che se associate al dato vero e proprio lo arricchiscono. Questo torna estremamente utile ai motori di ricerca o nell’ottica di fare comprendere al meglio i nostri dati alle macchine.
Se ti piace scattare foto avrai notato che persino il tuo smartphone tiene traccia dei dati di scatto, ISO, temperatura, geo localizzazione e simili, queste info fanno parte del pacchetto dei metadati.
 
Il web 3.0 e il web3 ci accompagnano già online, tuttavia, spesso ne sentiamo parlare come se fossero sinonimi.
Quanto analizzato fin ora è parte di una logica o visione “centralizzata” dei dati che è stata tramandata ai giorni nostri dal web 1.0 al web 3.0. La principale peculiarità del web3 invece è proprio la sua natura “decentralizzata”.

esempio sistema decentralizzato
Photo di Shubham Dhage su Unsplash
     

Cosa è una BlockChain

Prima di parlare del web3 occorre schierare in campo le BlockChain senza le quali il web3 non esisterebbe.
A grandi linee, con blockchain si intende un registro digitale formato da blocchi di dati crittografati, registrati in modo cronologico, che non possono essere modificati se non con l’aggiunta di un nuovo blocco.

Tra le caratteristiche che rendono blockchain a prova di bomba troviamo: la tracciabilità delle operazioni, la trasparenza e l’affidabilità dei dati. Una blockchain decentralizzata sfrutta il meccanismo del peer-to-peer, ovvero ogni nodo opera senza dover conoscere necessariamente il compagno e senza un registro unico centrale ma ognuno ne detiene una copia.
L’affidabilità delle blockchain sta rivoluzionando molti aspetti del settore finanziario da quando il suo utilizzo è stato abbinato al mondo delle crytovalute e della finanza decentralizzata o deFi.
   

Cos’è il Web3

Siamo arrivati alla fine del nostro racconto, abbiamo percorso ogni step dell’evoluzione del web e finalmente possiamo concentrarci sul web3: decentralizzato, sicuro, basato sulle blockchain.
L’obiettivo principale del web3 è riportare il controllo nelle mani degli utenti, togliendolo ai big di internet.

Insieme a questa importante prospettiva c’è l’intenzione di mettere un freno ad alcuni bug che ci portiamo dietro dal web 2.0, copyright e proprietà intellettuale.
Hai mai sentito parlare di NTF?

I Non-Fungible Token sono dei “gettoni digitali” che non possono essere riprodotti, sono unici e questo li rende ottimi per attestare la proprietà di un prodotto digitale. Quindi se compri un’opera d’arte o qualsiasi altro bene come NFT nessuno potrà mettere in dubbio che sia tuo. In modo simile a quello che accade con le firme digitali.
  

Un futuro decentralizzato con gli Smart Contract

Se hai avuto modo di approcciarti con il mondo delle criptovalute ti sarai imbattuto nel termine smart contract su siti come coinmarketcap. Perché questa digressione? Semplice, ad accentuare l’uso di queste tecnologie sono state proprio le cryptovalute, in particolare la moneta digitale per eccellenza, il Bitcoin.

I contratti intelligenti o Smart Contract non sono affatto una novità ma hanno trovano la loro massima espressione nel momento in cui sono stati usati in abbinamento alla tecnologia delle blockchain. Cos’è lo smart contract e perché è così importante?

Immagina di voler chiedere un prestito, un’assicurazione o effettuare la prenotazione di un viaggio, tutto questo può essere immediato. Senza lungaggini o troppe pratiche burocratiche, gli smart contract sono una serie di regole automatizzate che attraverso la blockchain ti consentono di sapere, in pochi istanti, se quanto richiedi come utente sarà o meno accettato dall’altra parte. Comodo non trovi?

  

Per concludere, nonostante il web sia notevolmente cambiato passando dall’essere un’entità statica a qualcosa di dinamico la sua evoluzione non è ancora completa. Quando la comunione tra l’attuale web, machine-learning ed intelligenza artificiale avverrà saremo davanti ad un evento di eccezionale portata.
Al momento è l’universo delle crypto valute e la finanza deFi l’esempio più calzante di quello che probabilmente sarà in parte il web del futuro.

 

Google LightHouse, perché è importante?

logo lighthouse google

I tempi di caricamento e di interazione tra gli utenti e le nostre pagine interessano molto ai motori di ricerca, tanto da spingerli a preoccuparsi costantemente di trovare nuove soluzioni per testare le performance di siti internet e web app. LightHouse è un tool gratuito che non solo di occupa di monitorare le prestazioni dal punto di vista di velocità, ha un raggio d’azione di gran lunga più ampio. Scopriamo insieme le funzionalità di LightHouse e come integrarlo nel nostro browser.

Il punto di forza di questo nuovo standard è il suo ampio spettro d’azione, un alleato utile quando si tratta di siti e, in particolare, le “progressive web app” conosciute con l’acronimo di PWA.
Il fatto poi che queste nuove metriche quasi coincidano con il periodo di uscita del nuovo tool di Mountain View non è un caso. I web vitals, rappresentati da valori come LCP, FID e CLS che vanno ad influenzare sia le performance del sito che il suo posizionamento. Ecco perché hanno suscitato clamore da parte della comunità di esperti del settore web.


Come integrare LightHouse nel Browser

Alla stregua di qualsiasi altro addons, basta recersi all’interno del centro estensioni di Chrome o Mozilla e scaricare il file da lanciare per l’integrazione. Al termine della procedura, se hai abilitato l’estensione, in alto a destra dovresti visualizzare un “faro”, simbolo di Light House.
Se il tuo browser di riferimento è Chrome, ti ricordo che puoi gestire singolarmente i check “abilita” o “disabilita” di ogni addons dal menù “impostazioni”, o digitando nell’url:

chrome://extensions/

Mentre su Mozilla Firefox, dal menù impostazioni, in componenti aggiuntivi, è presente la voce “estensioni”. In alternativa puoi scrivere nello spazio url quanto di seguito e cliccare su invio:

about:addons



Da ora in poi quando andrai ad “ispezionare un elemento” (combinazione di “Ctrl+Maiusc+I” per utenti Windows), tra le voci che potrai utilizzare sarà cliccabile una nuova tab con etichetta “lighthouse”.

ispeziona elemento con la  tab google lighthouse in Chrome


Conclusioni

Questo appena visto non è l’unico tool che ci consente di avere un audit delle performance di siti, web app, blog o qualsivoglia portale. Esistono numerose soluzioni in alternativa a LightHouse come PageSpeed Insight, PingDom o GTMetrics. Quest’ultimo proprio di recente ha implementato all’interno dei suoi algoritmi anche questo nuovo “standard”, includendo i “web vitals” dettati da Google.

Nonostante sia ancora garantita una modalità “legacy” in GTMetrix, che analizza il sito con le vecchie librerie, presto o tardi tutti quanti andranno verso lo standard dettato da LightHouse. Il consiglio quindi è di iniziare subito ad creare i tuoi report seguendo quest’ottica.

Come hai appena avuto modo di apprendere, c’è un’ampia gamma di tool utili per migliorare l’usabilità del tuo portale o quello dei tuoi clienti. Basta scegliere lo strumento che più si adatta al tuo progetto.
Good Luck!

Come scrivere un articolo ottimizzato per la SEO

C’è ancora molta confusione e insicurezza quando si tratta di scrivere testi ottimizzati SEO questo perché la maggior parte delle persone ancora è ignaro di cosa sia SEO e ne sottovaluta la sua potenza ma anche perché nessun motore di ricerca ha dato delle linee guida da seguire. Quindi una guida su come scrivere un testo ottimizzato SEO si basa sull’esperienza e sui dati che sono stati studiati dagli esperti del settore e da chi oggi ricopre la professione di copywriter SEO. In questo testo andremo perciò a definire cos’è SEO e come possiamo utilizzarlo al meglio per realizzare dei testi perfettamente ottimizzati.

Che cos’è SEO?

SEO è un insieme di linee guida e strategie che possiamo applicare ai nostri siti web per poter ottenere maggiore visibilità da parte dei motori di ricerca. Come saprai i vari motori di ricerca, come Google, utilizzano degli algoritmi per identificare un sito interessante e performante per gli utenti. Più il tuo sito ottiene un punteggio alto e più si troverà alto nelle varie SERP, ossia le pagine generate dopo la ricerca di un utente. Tra le varie strategie da utilizzare c’è anche la scrittura di articoli in ottica SEO che permettono di migliorare l’indicizzazione attraendo un traffico maggiore al nostro sito web.

Tutto inizia da un argomento

Ebbene sì, tutto parte da un argomento che può essere un argomento generico o specifico ma che in qualche modo riguardi il nostro sito web. Questo argomento potrà essere trattato nelle pagine del blog, e quindi starai scrivendo un articolo per il tuo blog, oppure all’interno delle pagine statiche del sito, anche questi testi devono essere scritti in ottica SEO. Per poter scegliere un argomento è ovvio che ci sono dei parametri da rispettare e quindi:

  • deve essere inerente al nostro sito web;
  • deve essere fatta una scelta con un piano editoriale o marketing ben preciso.

Non è infatti una singola azione a premiare il nostro sito web e a posizionarlo nelle prime posizioni della SERP, ma una serie di azioni che ci garantiscono un sito agli occhi di tutti perfettamente funzionante e di interesse.
L’argomento perciò deve essere interessante e di utilità per il lettore, Google come tutti gli altri motori di ricerca premiano testi ben scritti ma che possano dare un valore aggiunto al mondo digitale. Una volta scelto l’argomento si passerà al passo successivo: la keyword.

home page del tool ubersuggest

 


La keyword

Anche conosciuta con il termine di parola chiave è il vocabolo intorno al quale gira tutto il testo e che noi forniremo ai motori di ricerca per identificare l’argomento del testo. C’è sempre una prima keyword principale e poi ci sono delle secondarie. La keyword principale sarà presente nel titolo, in alcuni dei sottotitoli ma anche nel testo. Dovrà risultare naturale e spontanea e mai forzata. Se stiamo scrivendo un testo per la nostra panetteria, una keyword potrebbe essere Panetteria a Roma (o qualsiasi altra città vi troviate). Nella descrizione della nostra panetteria non solo andremo a ripetere la key principale “Panetteria a Roma” ma andremo ad aggiungere, sempre in modo naturale e spontaneo, anche una serie di keyword secondarie. Ecco perché in questi casi ci si affida a strumenti esterni che eseguano una ricerca delle key principali insieme a quelle correlate prima di scrivere un articolo.


Il testo: contenuto e struttura

Il contenuto del testo dovrà essere, come abbiamo già detto, interessante ed informativo per chi lo legge. Dovrà anche essere scritto bene, quindi in un italiano quasi perfetto. Il linguaggio dovrà essere semplice e comprensibile per tutti, a meno che non stiamo scrivendo per una nicchia di professionisti specifici.

Se vogliamo dare un valore indicativo al testo 500 parole, in molti casi, permettono già di affrontare bene un determinato argomento. Non è necessario dilungarsi più del dovuto e presentare testi di 3 mila o più parole che potrebbero risultare pesanti e difficili da leggere. La qualità di un post agli occhi dei motori di ricerca non è data dal numero di parole usate bensì dal valore del contenuto.

 

Tutto il testo dovrà essere organizzato con vari sottotitoli è richiesto sempre almeno un “H2” e poi possiamo scegliere “H3” o “H4” in base alle esigenze. Ogni sottotitolo dovrà rispondere ad una possibile domanda di un utente. Non presentare blocchi unici di testo ma suddividili in paragrafi da tre o quattro righe al massimo, in questo modo non appesantirai la lettura. Quando puoi utilizza gli elenchi puntati ed è sempre bene formattare il testo. Con formattazione del testo si intende grassetti e corsivi per evidenziare i punti salienti del tuo articolo. Chiudi sempre l’articolo invitando l’utente ad un’azione, magari a condividere il testo o a lasciarti la sua opinione su quanto ha letto.


Inserire sempre link interni e link esterni.

Ogni testo deve contenere almeno ad un link interno al tuo sito web che possa riportare alla home page o ad un argomento correlato a ciò di cui stai trattando all’interno del testo. Ma dovrà anche contenere un link esterno che rimandi ad un approfondimento della tematica affrontata.
Attenzione a quest’ultimo cercate sempre di linkare siti web che abbia buone metriche e state lontani da quelli che invece hanno una pessima reputazione, perché potrebbe risentirne anche il vostro sito web.

Se sei interessato ad ottenere link entrata verso il tuo sito o, semplicemente, vuoi scoprire qualcosa in più sul funzionamento dei “link” nella SEO, dai un’occhiata al mio articolo sulla link building.


Il titolo deve essere attraente

Oltre a contenere la keyword principale, il titolo perfetto deve attrarre il lettore. Sarà infatti ciò con cui entrerà in contatto immediato e sarà dalla lettura del titolo che deciderà se vale la pena leggere l’intero testo oppure no. Attenzione però a non scrivere titoli troppo lunghi. Per fare presa sul pubblico valuta di utilizzare alcuni accorgimenti, tra cui:

    • I numeri
      Sono utilissimi ed attraggono moltissimo, ecco un piccolo esempio “Le 10 tendenze grafiche di cui si parlerà nel 2021”. Lo cliccheresti?
    • La regola delle 5w
      Usata molto dai giornalisti per impostare un articolo, può tornarci utile anche per i nostri titoli.
    • Parole ipnotiche da utilizzare
      Hanno molta presa se inserite correttamente in una frase le parole “come” e “perchè”.


Metadescription

C’è chi pensa che ormai sia irrilevante compilare questo campo ma in realtà può ancora essere utile. Chiamiamola pure per quello che è: un riassunto di due righe dell’intero argomento trattato che deve dare la spinta finale all’utente per capire se è ciò che cercava. Quindi fate attenzione alle parole che sceglierete per scriverla e ricordate che anche qui ci deve sempre essere la keyword principale.


Permalink

Il permalink è il link del testo che stiamo scrivendo, dovrà contenere la keyword e dovrà essere breve, immediato e molto chiaro. Quindi sceglietelo con cura, su alcune piattaforme è già inserito automaticamente ma potete sempre modificarlo.

Se utilizzi un CMS come WordPress è semplice modificare i parametri visti soprattutto utilizzando dei plugin come Yoast.

 


I file media

tiny png per comprimere le immagini

Ogni buon testo è accompagnato da foto, immagini o video. Assicurati che siano di qualità, leggeri e che carichino velocemente. Dovranno essere inerenti all’argomento trattato e dovrai inserire all’interno del loro titolo la keyword principale.
Esistono molti metodi per ottimizzare le immagini, ti consiglio di dare uno sguardo a TinyPNG, oppure se utilizzi WordPress a dei servizi come Imagify ed EWWW Optimizer.

Ora sei pronto anche tu per iniziare a scrivere testi in ottica SEO, ci vorrà del tempo ma vedrai che presto tutto ti verrà automatico.

 

Hai già un sito web avviato e ti serve una consulenza tecnica? Nessun problema contattami

 

 

Gli aggregatori di ricerca

gli aggregatori di ricerca e il tempo

Cos’è e cosa fa un aggregatore?

Esistono molte informazioni online a cui possiamo accedere, forse troppe. Navigando hai mai avuto la sensazione di perdere la bussola durante la ricerca di un contenuto?

E’ partendo da questo problema che sono nati gli “aggregatori”: motori di ricerca o autentici portali il cui focus è quello di cercare in modo circoscritto (per “settori di interesse” e “parole chiavi”), annunci o contenuti.
Parliamo di una sorta di “motore di ricerca” dentro i motori di ricerca, questi aggregatori altro non sono che degli enormi “silos” che analizzano internet per riproporlo in modo più “semplificato”.

Adesso che sai a cosa serve un aggregatore e quale logica utilizza vediamo insieme perché, ultimamente, sono così gettonati. Quanti tipi di aggregatori esistono ad oggi?

 

Aggregare i contenuti

Il termine tecnico di queste applicazioni è aggregatori di meta-dati, un concetto che se lavori in ambito web ti è familiare. Per chi invece non ne ha mai sentito parlare, i meta dati sono dei “codici” utilizzati per descrivere le tipologie di contenuti online: una sorta di “etichette” o indicazioni se vogliamo, per chi andrà a trattare quel dato, tipicamente per (ro)bot e simili.

Quando vuoi restare sempre aggiornato su un dato argomento, ad esempio attualità, politica, o le news sportive, hai diverse possibilità.
La prima, molto banalmente, ti costringe a cercare online ogni giorno contenuti nuovi in maniera manuale, ma alla lunga può essere un’attività logorante. Così i motori di ricerca come Google iniziarono, nel lontano 2003, a lanciare delle soluzioni come gli Alert, antenati di Google Feed per alcuni versi.
Se apri la pagina web del tuo giornale preferito troverai certamente un’area dedicata ai Feed (o una scritta RSS, un formato). Questi ultimi sono pensati in modo da tenerti aggiornato costantemente sugli argomenti che verranno via via pubblicati online per un certo “settore”, ad esempio potresti impostare “sport” per leggere periodicamente tutte le news sportive.

 

Viaggiare: gli aggregatori di offerte ed annunci

Hai mai prenotato online un hotel oppure acquistato in offerta i biglietti del tuo prossimo viaggio in aereo? Le OTA sono le “nuove agenzie di viaggio”, e si trovano solo online. Un altro esempio di come gli aggregatori vengono utilizzati per semplificarti la vita, in questo caso però accanto agli algoritmi ci sono degli accordi commerciali. Le OTA sono degli intermediari, offrono visibilità agli annunci di molte strutture turistiche e questo servizio avrà, per gli albergatori che aderiscono, un costo in percentuale.

 

Trovare offerte di lavoro

Esistono molte piattaforme che ci aiutano a valutare le offerte di lavoro, offrendoci le più rilevanti o inviandoci persino gli aggiornamenti (tramite servizi di newsletter) delle nuove candidature aperte, quelle appena inserite dalle aziende per una certa categoria, da noi scelta.

La ricerca di offerte di lavoro e lo scambio di informazioni online sono più immediate con gli aggregatori. Questi troveranno per te, scansionando il loro database interno e gli altri portali o motori di ricerca, gli annunci pertinenti al tuo search intent.
Se utilizzi piattaforme simili, noterai spesso che le parole che cerchi vengono “marcate” un po’ come avviene su google: un’ottima tattica dunque per ottimizzare le nostre query e capire per quale motivo un annuncio ci viene mostrato.

Un sistema del genere lo ritrovi in Jooble.com: un aggregatore che non si limita a raccogliere annunci di altri siti, ma ti permette anche di inserire annunci, se cerchi dipendenti, o candidarti alle posizioni lavorative aperte, tramite il suo portale.

schermata home page jooble

Trovare lavoro online è un argomento delicato e dove internet può facilitarci da un verso e trarci in inganno dall’altro.
Per non essere colto alla sprovvista affidati sempre ai portali che ti danno più controllo e sicurezza sulle offerte e sugli annunci a cui candidarti.
Forse non lo sai, ma i portali più importanti solitamente hanno uno staff che valuta la “qualità” di ogni nuovo inserto (Content Quality Team).

 

 

Pricing strategy: le strategie dietro ai prezzi

strategie sui prezzi

Come vengono stabiliti i prezzi dei prodotti che andiamo acquistare? Cosa determina un prezzo piuttosto che un altro? Scopriamolo esaminando la situazione da due prospettive diverse che riguardano due diverse fasi: la scelta di entrare sul mercato e la fase di lancio di un prodotto.

Prima di parlare delle strategie più utilizzate vorrei fare chiarezza, da un punto di vista strettamente economico, sul concetto di costo medio: perché è un fattore determinante per le aziende e lo trovi spesso online indicato con il termine CU. Quest’ultimo rappresenta il costo che l’azienda deve sostenere per produrre una unità di prodotto. Cosa vuol dire in termini spicci?

Se hai un’attività produttiva, per entrare sul mercato ed essere competitivo non devi superare il costo medio, altrimenti non avrai alcun guadagno ma solo costi da sostenere.
Supponiamo che tu produca 1100 bottiglie di vino, e per farlo sostieni un costo complessivo di 500 euro. Se dividi le bottiglie ottenute per il costo totale, hai un costo medio di 2,20€.
Ora, questi valori erano solo a titolo d’esempio ma il punto è che se riesci a stare sotto il valore del costo medio di mercato, per un certo prodotto, puoi entrare anche tu a competere nella vendita.

Accanto a questi ragionamenti che riguardano il fatturato, le aziende devono anche capire che strategie sui prezzi mettere in campo nel breve, medio o lungo termine, per rende più appetibili i loro beni e servizi. Questa scelta influenza anche il punto di vista, o la percezione, che il consumatore ha rispetto al brand, perciò sono passi che vanno studiati senza fretta e nella giusta ottica.

Il pricing, per dirlo con un termine inglese, è anche un fattore interessante da valutare in termini di neuromarketing: una disciplina che studia le reazioni del cervello correlate a stimoli esterni e che portano alla scelta di una soluzione piuttosto che un’altra durante gli acquisti.

scaffale market esempi sui prezzi
Photo by Franki Chamaki on Unsplash

 

6 strategie sui prezzi più comunemente usate

Penetrazione

E’ una fase particolare, l’impresa vuole immettere sul mercato un prodotto e cosa potrebbe attirare meglio l’attenzione dei consumatori se non un prezzo più basso rispetto ad altri prodotti già sul mercato con caratteristiche simili? Il problema di questa tattica è che in fase di lancio l’azienda sa bene che andrà in perdita, ma ottiene l’enorme vantaggio di farsi conoscere ed apprezzare. Una volta raggiunto un certo di numero di vendite, e clienti soddisfatti, potrà riportare i suoi prezzi, per quel prodotto di prova, nella norma.

Premium

L’esatto opposto di quanto appena visto è il prezzo “premium”, dove l’obiettivo non è affatto convincere un utente ad avvicinarsi al marchio, o provare un prodotto, bensì mostrare subito che sul mercato c’è qualcosa di nuovo, di diverso, e che la qualità si paga. Devi avere davvero un prodotto vincente, che tutti sono disposti ad avere, costi quel che costi. I prodotti che lanci hanno già quindi una loro nicchia in cui tu, come venditore, hai un buon numero di clienti affezionati.

Price skimming

Soprattutto nei prodotti tecnologici notiamo spesso questa tipologia di prezzi. In fase di lancio sono alti, pensanti per gli early adopters, poi man mano che sul mercato escono nuovi prodotti o che l’azienda stessa ha nuovi modelli da proporre, dopo un certo periodo, i prezzi crollano e vanno a stabilizzarsi su un certo valore. L’idea di base è “scremare”, accontentando tutti gli utenti, in base al prezzo che possono sostenere. In fase iniziale si ottengono i risultati migliori, via via però, l’azienda cerca di abbassare i prezzi, riproponendo la stessa tecnica per i nuovi lanci. Si parla infatti di price skimming o “scrematura”.

Bundle

Chi non adora comprare qualcosa in bundle? Ho acquistato così il mio primo pacchetto composto da corpo macchina completo degli obiettivi per la stessa reflex. E’ un ottimo modo per vendere i tuoi prodotti, dando l’impressione quasi di “regalare” uno dei tuoi prodotti che, se comprato separatamente costerebbe di più. In realtà un piccolo guadagno, spesso, l’azienda lo ottiene. Potresti pensare di accostare, insieme ad un acquisto, un prodotto che sta per andare fuori produzione…

Economia

Ho lasciato per ultimo questa tipologia di prezzi per una ragione: non tutti possono permettersela. Guadagnare sulla quantità è un modo per tenere bassi i prezzi, ma non è una scelta che tutti quanti possono attuare. Se sei un rivenditore, o hai una produzione ingente, è sicuramente un vantaggio, altrimenti si tratta di stare in bilico sulla lama di un rasoio.

 

Spero che questa piccola panoramica sul mondo dei prezzi e le strategie che li riguardano sia stata d’aiuto e, se l’articolo è stato di tuo gradimento, non scordarti di condividerlo. Alla prossima…

 

 

Ti presento il microcopy

esempio di microcopy

Quando accompagniamo l’utente nella navigazione, dobbiamo farlo utilizzando dei contenuti semplici: testi a lui familiari che non lo portino in confusione. Dedichiamo tanto alla scrittura ogni giorno, nelle brochure, sui canali social, nelle pagine del blog o per scrivere una bio, perché non fare lo stesso anche con:

  • messaggi di benvenuto, d’errore, conferma;
  • bottoni (inviti all’azione, CTA);
  • suggerimenti per gli acquisti;
  • voci di menù;
  • newsletter;
  • modulo contatti, ecc.

 

C’è tutto un habitat di testi brevi che viene normalmente ignorato e, se vuoi che i tuoi utenti non ammattiscano, non devi stressarli durante delle attività che dovrebbero essere naturali come respirare.

Per queste ragioni, accanto ai testi più corposi, che potremmo definire come i “macro contenuti” di App e siti web, vanno studiati attentamente anche i messaggi più brevi, quei frammenti di testo che hanno un forte impatto nella mente dell’utente: i micro-copy.

Redigere al meglio questi frammenti di testo ha diversi vantaggi, ad esempio rassicurare il cliente, coccolarlo facendolo sentire importante, invogliarlo all’acquisto, far colpo su di lui usando la simpatia. Non siamo robot, la nostra giornata è fatta di interazioni e rendere più piacevole la permanenza sul web dei visitatori è un modo di incoraggiarli a tornare a farti visita, e scegliere i tuoi servizi.

 

L’UX che non perde colpi usa micropy efficaci

Il successo di una applicazione dipende molto dalla sua usabilità, più risulta chiara ed immediata nel suo utilizzo, maggiori sono le probabilità che non venga sostituita con altre simili. Per fare in modo che il design si sposi sia con le funzioni offerte dall’applicazione che con le preferenze dell’utente che andrà ad adoperarla, nasce una figura che lavora a stretto contatto con i grafici specializzati in UI (user interface): l’Ux Writer.

Il suo compito è quello di guidare attraverso il copy coloro che andranno ad utilizzare un’interfaccia, portandoli a compiere una serie di azioni.
Quando l’UI non è stata progettata nel migliore dei modi resta comunque difficile comprenderne l’utilizzo a primo acchito, anche con un buon microcopy. Se invece l’ux writer e l’ui designer riescono a collaborare, il risultato sarà qualcosa di sorprendente. Il compito di chi opera in ambito User Experience è simile a quello dello psicologo, deve di continuo chiedersi: Cosa non va bene agli utenti? Cosa si aspettano, ma soprattutto, come posso far recepire un messaggio in modo chiaro e univoco?

Immagina di esserti appena collegato tramite lo smartphone ad internet e stai cercando il prossimo elettrodomestico da acquistare. L’hai trovato da un rivenditore diverso da quello da cui acquisti di solito, provi a comprarlo e non riesci a capire se il prodotto che hai scelto sia inserito correttamente nel carrello, o se la tua carta, come metodo di pagamento, sia valida. Non riuscire ad orientarsi all’interno di un’App, di un sito o un servizio, è un problema serio.

Il microcopy dai maestri…

netflix homepage schermata

Netflix

L’app di Netflix è uno splendido esempio di usabilità. E’ immediata, facile da comprendere e non è solo merito dell’implementazione tecnica, data dagli sviluppatori, ma anche di come è stato pensato il layout: ti accompagna senza lasciarti solo un attimo. Diciamolo, i momenti di panico da “come sono arrivato qui? Adesso come proseguo?” sono capitati, almeno una volta, a tutti noi. È per disinnescare questi attimi che si ricorre al microcopy.

Guarda ciò che vuoi ovunque. Disdici quando vuoi.

 

Paypal
paypal homepage screenshot

 

PayPal: la soluzione semplice e sicura per pagare e farsi pagare.

In una sola frase è racchiuso tutto il significato dei servizi offerti, ma i pulsanti? Tutto è chiaro all’utente fin da subito: puoi aprire cliccando il primo button un conto gratuito online o, se desideri, scaricare l’App cliccando sul secondo.

 

Mailchimp

mailchimp servizio mail screenshot home

Un fuori classe quando si tratta di utilizzare un tono simpatico, non convenzionale ma allo stesso tempo sempre chiaro: mailchimp è uno dei servizi di mail marketing più conosciuti. Anche qui in pochi istanti è chiaro che si tratta di una piattaforma e cliccando “pick a plan” possiamo scegliere il piano da utilizzare.

I testi brevi sono ovunque intorno a noi e, dagli esempi appena visti, avrai intuito che il microcopy è onnipresente sia online che offline, non puoi sottrarti. Esistono in rete diversi casi, ma puoi appurarlo tu stesso se lo desideri, di come a volte cambiare un semplice testo (nel format del tuo layout) può fare la differenza, ad esempio incrementando le vendite.

 

Sbagliare è umano: 2 esempi di 404 creativi

pixar un 404 creativo
 
Famosa la pagina 404 della Pixar che utilizza un microcopy divertente associandolo ad un loro personaggio. A dir poco geniale.
Un ulteriore esempio, che ho trovato davvero molto simpatico, proviene da Instagram: una rivisitazione della famosa frase “Houston, abbiamo un problema”.
 
404 creativi esempio da twitter di microcopy
 

Chi scrive i microtesti: la figura dell’UX Writer

Negli annunci online spesso troverai la figura del UX e dell’UI designer abbinate, come fossero la stessa mansione. È innegabile che per disegnare correttamente un’interfaccia utente servano delle competenze grafiche e anche delle basi di UX design, ma non è detto che sia sempre così. Anzi spesso troverai che i grandi brand hanno professionisti specifici che si occupano solo di un argomento rispetto l’altro, nonostante abbiano contezza di cosa accade in entrambi gli ambiti. Lo stesso accade nella scrittura, ux writer perciò non è sinonimo di copywriter, sono figure diverse.
 

Tieni mai d’occhio le micro-interazioni?

La nostra giornata è fatta di piccoli step e anche quando siamo online potremmo dire lo stesso. Hai cliccato su un prodotto Amazon che ti interessa? E’ una interazione, uno step. Appena scegli di aggiungere al carrello un articolo ecco un altro step, e così via…
Si tratta di “micro-interazioni”, cioè piccoli passi che compiamo tutti quanti navigando online e sono molto interessanti perché ti aiutano a stabilire le abitudini dell’utente, il suo comportamento, e aggiustare il tiro. Devi considerarli parte integrante dell’UI design e tenerli a mente anche in ottica di microcopy. A tal proposito, se sei un appassionato lettore ti consiglio Scrivere microcopy che convertano di Alice Morrone, e UX Writing. Micro testi, macro impatto di Serena Giust.

Per concludere, la psicologia dell’utente è importante durante la sua navigazione, ma scrivere microtesti di impatto non è per nulla facile. Le figure specializzate in questo campo sono poche nel panorama italiano, in cui la figura dell’Ux writer è ancora in fase embrionale, ma se hai bisogno di revisionare i testi e sei neofita nel campo della scrittura per il web, contattami. Troveremo la soluzione, più congeniale alle tue esigenze, insieme.

Consulente di marketing

consulente di marketing

Ripensa all’ultima strategia che hai sviluppato per il tuo business online. Non importa se eri da solo o col tuo fidato reparto marketing. Ti sei mai trovato in una situazione di stallo dopo che, al lancio di una campagna online, sembrava essere tutto quanto perfetto?

Gli imprevisti capitano sempre strada facendo, l’importante è risolverli. Se, nonostante i tuoi sforzi, il fatturato non accenna a risalire e ti accorgi che i tuoi investimenti non producono i risultati sperati, metti un freno e contatta un esperto. È qui che entra in gioco il consulente di web marketing: la figura più adatta a risollevare una campagna ads e che aiuterà il tuo reparto a ripartire col piede giusto.

ragazzo che scrive marketing su una lavagna
Photo by Diggity Marketing on Unsplash

 

Azione o strategia, cosa fa?

Diciamo innanzitutto che il Marketer ed il Consulente di Marketing non sono la stessa figura. Hanno entrambi competenze di marketing mix ed advertising, ma il compito principale del consulente è strategico. Cosa vuol dire? Che il mestiere del consulente è quello di:

  • buttare giù il piano di marketing annuale, che accompagnerà il tuo business durante la navigazione online e offline;
  • trovare e porre rimedio, in corso d’opera, ad eventuali problematiche che la tua strategia sta subendo.

 

Il suo apporto può fornirti quella marcia in più che manca alla tua azienda:

  • integrando nuove idee e competenze utili al tuo staff;
  • facendoti risparmiare quel tempo che potresti altrimenti dedicare al tuo business.

Per occuparsi di tutti questi punti, il consulente sarà a stretto contatto con tutto ciò che concerne il tuo esercizio commerciale, delineandolo in ogni suo aspetto.
Concentrarsi su di un problema spesso ci rende ciechi, incapaci di vedere chiaramente la soluzione. Analizzando la situazione dall’esterno, in modo imparziale, un consulente riesce a capire quali sono le problematiche che affliggono la tua comunicazione.

 

6 esempi di consulenza sul web

Un consulente può essere sia un abile stratega alle tue dipendenze per fissare il piano marketing dell’anno, che diventare il tuo appuntamento periodico passando dalla strategia all’azione. In quest’ultimo caso potrebbe occuparsi insieme ad altri marketer di:

  • Campagne pubblicitarie, retargeting, acquisizione di leads, ecc;
  • Gestione E-commerce/Marketplace;
  • Content marketing e Social media;
  • Campagne cartellonistiche, offline marketing (coupon in store, ecc.);
  • Email marketing;
  • Gestione ed organizzazione del tuo CRM e simili.

Esistono molti modi per raggiungere un risultato ma, purtroppo, non sempre sono equivalenti. Qualcuno ti farà arrivare al tuo obiettivo in meno tempo oppure a fronte di un investimento minore, ecco il vantaggio di un parere esterno.

scritta think twice
Photo by explorenation # on Unsplash

 

Consulenza sul marketing: quando un brand dovrebbe richiederla?

Dal libero professionista che sta curando il suo personal brand all’impresa: una consulenza marketing può aiutarti a fare la differenza. Basta poco per rendersene conto, vuoi una prova? Bene, pensa a quali sono i tuoi competitor più in vista. Ora dedica un attimo del tuo tempo ad analizzarne, di almeno 3, i loro siti web e le piattaforme su cui sono presenti online.
Se hanno ingaggiato qualcuno che abbia ideato per loro una strategia, che si occupi ogni giorno del loro Brand, lo capirai subito; se non hanno provveduto ancora, un punto da sfruttare a tuo vantaggio.

Dovresti pensare di chiedere un consulto, in linea generale, se possiedi:

  • un’idea vincente per un prodotto o se stai mettendo su una start-up e vuoi stabilire il tuo piano d’azione;
  • business avviato e vuoi capire come porre rimedio ad una fase di stallo;
  • desideri aumentare i proventi della tua attività, pianificando nuove mosse di marketing.

Una consulenza marketing ad hoc non va vista come un costo ma come un investimento per il bene del tuo business. Il vero consulente sa sia consigliarti opportunamente che misurare ogni passo del tuo cammino: ti affianca durante la ricerca della soluzione perfetta e predispone al meglio lo staff che, insieme a te, affronterà la prossima sfida. Tenere in vita una attività non è un’impresa da poco, se senti di aver perso la bussola prova a chiedere un parere esterno.

 

Articolo scritto da Stefano Barattucci

Come relazionarsi con i clienti da freelance

rapportarsi da freelancer con i clienti

La vita di un freelance non è poi così diversa da quella di un impiegato quando si parla di gestire i rapporti con i clienti o con il pubblico. Bisogna esser portati, conoscere e capire chi ci sta davanti in quel momento e reagire di conseguenza.
Con il passare del tempo si impara ad essere marketer ed un tantino psicologi, ma per dirla in una parola sola si deve acquisire un certo savoir faire.

Ad esser sinceri non esistono delle regole valide universalmente al 100% per qualsiasi situazione, però l’esperienza, unita a diversi casi studio, può aiutarci ad entrare nella mente del nostro target e suggerirci qualcosa sul come comportarci.

scritta "we like you" su muro
[Photo di Yoav Hornung su Unsplash + Photo di Luke Southern su Unsplash]
 

Qualche consiglio su come relazionarsi al meglio con i propri clienti

Le regole di cui ti voglio parlare oggi ti sembreranno una banalità ma ti assicuro che sono molto efficaci e loro forza risiede nella loro immediatezza e semplicità. Questi consigli ti permetteranno di intraprendere o addentrarti nel mestiere del freelance con tranquillità, senza ansia.
Guardando il business model di un freelance provetto, noterai che davvero non ha nulla da invidiare al così agognato posto fisso: un mensile stabile o con poche oscillazioni, tempi di lavoro flessibili ed una gestione autonoma dei task.

Se sei più interessato al neuromarketing ho dedicato questo articolo all’argomento.
 

5 regole d’oro per lavorare come freelance senza paura

 

Ascolta il cliente

Ripetiamolo sempre questo punto nella nostra mente prima di un incontro di lavoro. Spesso ci facciamo un’idea del progetto del cliente che poi, a metà strada, va completamente rivista. Le nostre aspettative potrebbero andare a sopraffare i gusti e gli obiettivi del committente, bisogna allenarci ad interpretare bene ogni parole sulla bocca del nostro interlocutore. Mettiti nei panni di Google! Quando ti viene detto “Ho bisogno di un sito web” a volte dovrai capire se l’intento reale è davvero avere un sito (e non un Blog, una pagina Facebook o simili).

Non avere mai fretta

Ho sperimentato sulla mia pelle che a volte andare di corsa crea situazioni poco piacevoli. Lavorare sotto torchio, non avere respiro perché la scadenza è vicina (e spesso i file richiesti al cliente non arrivano o vanno completamente rivisti), è stressante. I clienti last-minute, quelli che vogliono tutto e subito ma non danno garanzie sul materiale che ti occorre, bisogna imparare a gestirli. Come? Chiedendo il tempo necessario per metter su un lavoro ad hoc. Dare il giusto peso e valore ad ogni dettaglio da schierare in campo non è un’operazione di qualche minuto…

Rifiuta le proposte di lavoro che non ti vanno a genio

Mai mentire sulle tue capacità, se non te la senti di iniziare un certo percorso è meglio declinare l’offerta. Questo consiglio vale doppio. Intendo dire che anche se una proposta lavorativa da parte di un potenziale cliente non è soddisfacente, o il cliente si rifiuta di seguire le tue direttive, facendo sempre di testa sua, allora valuta se è o meno il caso di proseguire un rapporto di collaborazione.

Non chiudere mai in modo brutale una trattativa

Capita a tutti quel momento no, quello in cui sentiamo di esser sul punto di perdere la pazienza. Ma a cosa serve perder la testa? Meglio riprendere fiato e ricordarsi di rispondere in modo garbato. Nessuno ti obbliga ad accettare, o collaborare, con chiunque ti si presenta davanti, bisogna scegliersi a vicenda!

Ringrazia sempre chi ti ha scelto

Ho sempre pensato che per strada un sorriso o un gesto amichevole ha la forza cambiare, o allietare, l’esito di una intera giornata.
Mi piace ringraziare! Non è un obbligo però nei rapporti a distanza, dove spesso il mezzo principale è la chat (molto impersonale e fredda) un emoji, un grazie, fanno la differenza.

Un piccolo bonus a quanto detto, ovvero la regola numero 6 se proprio vogliamo darle un numero è “crea la tua rete di contatti”. Ti sembrerà strano forse però i veri professionisti hanno dei collaboratori fidati. Non puoi affrontare ogni processo, ogni compito, che ti viene delegato dal cliente da solo, in totale autonomia. Un servizio che vale ha dietro un team che se ne occupa anche se non è detto che il cliente ne debba esser al corrente. Non è facile, lo so bene, richiederà molto tempo. Saranno gocce di sudore ben spese, fidati.
Una lettura che potresti trovare utile per quanto riguarda la gestione dello stress da lavoro e l’organizzazione delle tue attività produttive è il libro di Tony Schwartz: Non si può lavorare cosi!

Bene, siamo arrivati alla conclusione di questo piccolo post dedicato al mondo dei lavoratori da remoto, quali sono le tue esperienze a riguardo? Lasciami un commento o condividi con i tuoi amici quest’articolo se ti ha fatto sorridere, sperare o ti è stato utile 😉

 

Perché usare l’email marketing durante le feste

Le migliori opportunità di promozione con l’e-mail marketing sono sempre durante le festività o nei periodi di vacanza, lo hai notato? Siamo tutti più propensi a spendere e ci tuffiamo sul prodotto avvistato al miglior prezzo.
Nelle feste gli acquisti spesso vengono effettuati in negozio cioè offline, ma ciò non toglie che offrire un piccolo aiuto ai clienti, informandoli per mail delle offerte che troveranno disponibili venendoti a trovare, non è male. Per questa ragione ritaglia un angolino del tuo tempo per inviare e-mail e newsletter nei periodi più caldi dell’anno, le feste. Non devi necessariamente esser presente ad ogni festività, ma in quelle a cui andrai a partecipare presentati organizzato!

vetrina con sconto 70% sul vestiario
Photo by Gyorgy Bakos on Unsplash

 

Analisi di pro e contro delle precedenti campagne

Cosa è andato storto nelle scorse campagne di e-mail marketing? Per saperlo dovrai scandagliare ogni mail inviata, verificandone ogni parametro (ad esempio quali sono state quelle più cliccate, in quale area la tua comunicazione ha riscosso più successo e dove invece non ha ricevuto apprezzamenti ecc). Se trovi una chiave di lettura dei dati a tua disposizione, puoi replicarne i successi con più facilità.
Hai mai pensato di spiare i tuoi competitor con degli strumenti come MailCharts?
Esistono dei tools con cui puoi verificare le cadenze con cui i tuoi concorrenti inviano mail e, allo stesso tempo, tenere sott’occhio i tuoi risultati.

 

L’offerta giusta al momento giusto

Non puoi offrire sconti e promozioni uguali a quelli che sei solito fare nei periodi in cui i tuoi clienti si aspettano di risparmiare molto, le feste. Dovrai offrire loro offerte shock, in alternanza, tra una promo e l’altra (meglio ancora se proponi ai clienti più affezionati un ulteriore sconto). Segmentare il target nella maniera più corretta è un’enorme vantaggio per tutti.

 

Non dimenticare il piano B

Sia che le tue promozioni vadano a picco che procedano bene, devi esser sempre consapevole di cosa fare. Tieni pronto un piano di riserva per entrambi gli scenari. Non pensare che sia sufficiente tenere sotto controllo la sola fase del lancio di una campagna. Cerca di studiare al meglio i periodi che precedono le date designate al lancio, i periodi intermedi ed i successivi.

Allora, sei pronto a programmare le tue prossime campagne per il 2020? Il mail marketing ha ancora un enorme potenziale, non sottovalutarlo…