Web 3.0 e Web3

img di una rete decentralizzata stilizzata

Il web che conosciamo non è ancora giunto alla sua forma finale, quali saranno le sue applicazioni future? Scopriamolo insieme. In quest’articolo ripercorreremo passo dopo passo le origini del web dalla versione 1.0 fino a chiarire le differenze tra il web semantico – o web 3.0 – e il web3.
  

L’evoluzione del web

Hai mai sentito parlare di web 1.0? Devi sapere che durante la fine degli anni ‘90 navigare online significava fruire contenuti confezionati appositamente per noi dove, per ogni articolo o pubblicazione online, la nostra sola possibilità come utenti era quella di reperire e leggere informazioni spostandoci da un sito all’altro. Un vero incubo per chi è cresciuto nell’era dei social media.

Le potenzialità del web suggerivano però già a quel tempo che si potesse fare molto di più che navigare e mandare email, si pensò quindi a come rendere quell’ambiente “statico” un posto “dinamico” passando così da meri spettatori a protagonisti della rete.

screenshot da wayback machine di Google - ottobre 2000
screenshot da wayback machine di Google – ottobre 2000

  

Un web dinamico

Inconsciamente ogni giorno affrontiamo questo argomento, immagina una conversazione a senso unico in cui non c’è interazione. In un sito web statico accade questo, l’utente può solo navigarlo, scorrere le pagine una dietro l’altra senza che vengano registrate le sue preferenze in un database. Dalla quantità di piattaforme di commercio elettronico o di social media network che spopolano ogni giorno, comprenderai che l’approccio al web ormai è diventato dinamico. Un nostro click può fare la differenza e produrre effetti diversi in base al modo in cui interagiamo, questo è il web 2.0.

A caratterizzare ancora una volta il web 2.0 è la presenza di grandi brand sulla rete. Queste entità gestiscono un’importante quantità di dati ed informazioni ma stavolta supportate da un vasto pubblico di utenti che, continuamente, genera contenuti propri su app e piattaforme. Il frutto di semplici interazioni come scambi di foto, video, commenti e condivisioni, collezionati online prendono il nome di big data o megadati; giganteschi volumi di informazioni che non accennano a fermarsi.   

L’arrivo dei Big Data

Prima di proseguire diamo una definizione di cosa sono i Big data o megadati. Quando siamo di fronte ad un’enorme quantità di dati (3V) con un elevato Volume di informazioni di Vario genere che cresce Velocemente parliamo di Big Data.

Se pensiamo per un solo istante al web nella sua interezza, a come è strutturato, o semplicemente alla marea di informazioni in circolazione, ci rendiamo subito conto del caos che regna in rete.
L’intuizione di far generare contenuti agli utenti ha portato al progresso che conosciamo e le grandi compagnie, come Google, Meta ecc., hanno cavalcato l’onda riuscendo a trarre un guadagno. All’inizio nessuno si era mai posto il problema della complessità dei dati che ne sarebbe derivata.
Il web 2.0 è stato un enorme balzo in avanti, ma ha prodotto dati “non strutturati”, difficili a volte da reperire, organizzare o interpretare correttamente.
   

Web 3.0 o Web semantico

Web 3.0 e Web3 spesso vengono utilizzati come sinonimi, ma in realtà sono due concetti completamente diversi. Tim Berners Lee (di W3C) è stato il primo a idealizzare il “web semantico”, un concetto davvero interessante che però non risolve alcuni problemi di fondo di cui il web 2.0 soffre e che vedremo a breve.
Lo standard web 3.0 prevede l’utilizzo di quelli che in gergo vengono chiamati “metadati”. Cosa sono?

Si tratta di informazioni aggiuntive non visibili direttamente dall’utente che se associate al dato vero e proprio lo arricchiscono. Questo torna estremamente utile ai motori di ricerca o nell’ottica di fare comprendere al meglio i nostri dati alle macchine.
Se ti piace scattare foto avrai notato che persino il tuo smartphone tiene traccia dei dati di scatto, ISO, temperatura, geo localizzazione e simili, queste info fanno parte del pacchetto dei metadati.
 
Il web 3.0 e il web3 ci accompagnano già online, tuttavia, spesso ne sentiamo parlare come se fossero sinonimi.
Quanto analizzato fin ora è parte di una logica o visione “centralizzata” dei dati che è stata tramandata ai giorni nostri dal web 1.0 al web 3.0. La principale peculiarità del web3 invece è proprio la sua natura “decentralizzata”.

esempio sistema decentralizzato
Photo di Shubham Dhage su Unsplash
     

Cosa è una BlockChain

Prima di parlare del web3 occorre schierare in campo le BlockChain senza le quali il web3 non esisterebbe.
A grandi linee, con blockchain si intende un registro digitale formato da blocchi di dati crittografati, registrati in modo cronologico, che non possono essere modificati se non con l’aggiunta di un nuovo blocco.

Tra le caratteristiche che rendono blockchain a prova di bomba troviamo: la tracciabilità delle operazioni, la trasparenza e l’affidabilità dei dati. Una blockchain decentralizzata sfrutta il meccanismo del peer-to-peer, ovvero ogni nodo opera senza dover conoscere necessariamente il compagno e senza un registro unico centrale ma ognuno ne detiene una copia.
L’affidabilità delle blockchain sta rivoluzionando molti aspetti del settore finanziario da quando il suo utilizzo è stato abbinato al mondo delle crytovalute e della finanza decentralizzata o deFi.
   

Cos’è il Web3

Siamo arrivati alla fine del nostro racconto, abbiamo percorso ogni step dell’evoluzione del web e finalmente possiamo concentrarci sul web3: decentralizzato, sicuro, basato sulle blockchain.
L’obiettivo principale del web3 è riportare il controllo nelle mani degli utenti, togliendolo ai big di internet.

Insieme a questa importante prospettiva c’è l’intenzione di mettere un freno ad alcuni bug che ci portiamo dietro dal web 2.0, copyright e proprietà intellettuale.
Hai mai sentito parlare di NTF?

I Non-Fungible Token sono dei “gettoni digitali” che non possono essere riprodotti, sono unici e questo li rende ottimi per attestare la proprietà di un prodotto digitale. Quindi se compri un’opera d’arte o qualsiasi altro bene come NFT nessuno potrà mettere in dubbio che sia tuo. In modo simile a quello che accade con le firme digitali.
  

Un futuro decentralizzato con gli Smart Contract

Se hai avuto modo di approcciarti con il mondo delle criptovalute ti sarai imbattuto nel termine smart contract su siti come coinmarketcap. Perché questa digressione? Semplice, ad accentuare l’uso di queste tecnologie sono state proprio le cryptovalute, in particolare la moneta digitale per eccellenza, il Bitcoin.

I contratti intelligenti o Smart Contract non sono affatto una novità ma hanno trovano la loro massima espressione nel momento in cui sono stati usati in abbinamento alla tecnologia delle blockchain. Cos’è lo smart contract e perché è così importante?

Immagina di voler chiedere un prestito, un’assicurazione o effettuare la prenotazione di un viaggio, tutto questo può essere immediato. Senza lungaggini o troppe pratiche burocratiche, gli smart contract sono una serie di regole automatizzate che attraverso la blockchain ti consentono di sapere, in pochi istanti, se quanto richiedi come utente sarà o meno accettato dall’altra parte. Comodo non trovi?

  

Per concludere, nonostante il web sia notevolmente cambiato passando dall’essere un’entità statica a qualcosa di dinamico la sua evoluzione non è ancora completa. Quando la comunione tra l’attuale web, machine-learning ed intelligenza artificiale avverrà saremo davanti ad un evento di eccezionale portata.
Al momento è l’universo delle crypto valute e la finanza deFi l’esempio più calzante di quello che probabilmente sarà in parte il web del futuro.