Web 3.0 e Web3

img di una rete decentralizzata stilizzata

Il web che conosciamo non è ancora giunto alla sua forma finale, quali saranno le sue applicazioni future? Scopriamolo insieme. In quest’articolo ripercorreremo passo dopo passo le origini del web dalla versione 1.0 fino a chiarire le differenze tra il web semantico – o web 3.0 – e il web3.
  

L’evoluzione del web

Hai mai sentito parlare di web 1.0? Devi sapere che durante la fine degli anni ‘90 navigare online significava fruire contenuti confezionati appositamente per noi dove, per ogni articolo o pubblicazione online, la nostra sola possibilità come utenti era quella di reperire e leggere informazioni spostandoci da un sito all’altro. Un vero incubo per chi è cresciuto nell’era dei social media.

Le potenzialità del web suggerivano però già a quel tempo che si potesse fare molto di più che navigare e mandare email, si pensò quindi a come rendere quell’ambiente “statico” un posto “dinamico” passando così da meri spettatori a protagonisti della rete.

screenshot da wayback machine di Google - ottobre 2000
screenshot da wayback machine di Google – ottobre 2000

  

Un web dinamico

Inconsciamente ogni giorno affrontiamo questo argomento, immagina una conversazione a senso unico in cui non c’è interazione. In un sito web statico accade questo, l’utente può solo navigarlo, scorrere le pagine una dietro l’altra senza che vengano registrate le sue preferenze in un database. Dalla quantità di piattaforme di commercio elettronico o di social media network che spopolano ogni giorno, comprenderai che l’approccio al web ormai è diventato dinamico. Un nostro click può fare la differenza e produrre effetti diversi in base al modo in cui interagiamo, questo è il web 2.0.

A caratterizzare ancora una volta il web 2.0 è la presenza di grandi brand sulla rete. Queste entità gestiscono un’importante quantità di dati ed informazioni ma stavolta supportate da un vasto pubblico di utenti che, continuamente, genera contenuti propri su app e piattaforme. Il frutto di semplici interazioni come scambi di foto, video, commenti e condivisioni, collezionati online prendono il nome di big data o megadati; giganteschi volumi di informazioni che non accennano a fermarsi.   

L’arrivo dei Big Data

Prima di proseguire diamo una definizione di cosa sono i Big data o megadati. Quando siamo di fronte ad un’enorme quantità di dati (3V) con un elevato Volume di informazioni di Vario genere che cresce Velocemente parliamo di Big Data.

Se pensiamo per un solo istante al web nella sua interezza, a come è strutturato, o semplicemente alla marea di informazioni in circolazione, ci rendiamo subito conto del caos che regna in rete.
L’intuizione di far generare contenuti agli utenti ha portato al progresso che conosciamo e le grandi compagnie, come Google, Meta ecc., hanno cavalcato l’onda riuscendo a trarre un guadagno. All’inizio nessuno si era mai posto il problema della complessità dei dati che ne sarebbe derivata.
Il web 2.0 è stato un enorme balzo in avanti, ma ha prodotto dati “non strutturati”, difficili a volte da reperire, organizzare o interpretare correttamente.
   

Web 3.0 o Web semantico

Web 3.0 e Web3 spesso vengono utilizzati come sinonimi, ma in realtà sono due concetti completamente diversi. Tim Berners Lee (di W3C) è stato il primo a idealizzare il “web semantico”, un concetto davvero interessante che però non risolve alcuni problemi di fondo di cui il web 2.0 soffre e che vedremo a breve.
Lo standard web 3.0 prevede l’utilizzo di quelli che in gergo vengono chiamati “metadati”. Cosa sono?

Si tratta di informazioni aggiuntive non visibili direttamente dall’utente che se associate al dato vero e proprio lo arricchiscono. Questo torna estremamente utile ai motori di ricerca o nell’ottica di fare comprendere al meglio i nostri dati alle macchine.
Se ti piace scattare foto avrai notato che persino il tuo smartphone tiene traccia dei dati di scatto, ISO, temperatura, geo localizzazione e simili, queste info fanno parte del pacchetto dei metadati.
 
Il web 3.0 e il web3 ci accompagnano già online, tuttavia, spesso ne sentiamo parlare come se fossero sinonimi.
Quanto analizzato fin ora è parte di una logica o visione “centralizzata” dei dati che è stata tramandata ai giorni nostri dal web 1.0 al web 3.0. La principale peculiarità del web3 invece è proprio la sua natura “decentralizzata”.

esempio sistema decentralizzato
Photo di Shubham Dhage su Unsplash
     

Cosa è una BlockChain

Prima di parlare del web3 occorre schierare in campo le BlockChain senza le quali il web3 non esisterebbe.
A grandi linee, con blockchain si intende un registro digitale formato da blocchi di dati crittografati, registrati in modo cronologico, che non possono essere modificati se non con l’aggiunta di un nuovo blocco.

Tra le caratteristiche che rendono blockchain a prova di bomba troviamo: la tracciabilità delle operazioni, la trasparenza e l’affidabilità dei dati. Una blockchain decentralizzata sfrutta il meccanismo del peer-to-peer, ovvero ogni nodo opera senza dover conoscere necessariamente il compagno e senza un registro unico centrale ma ognuno ne detiene una copia.
L’affidabilità delle blockchain sta rivoluzionando molti aspetti del settore finanziario da quando il suo utilizzo è stato abbinato al mondo delle crytovalute e della finanza decentralizzata o deFi.
   

Cos’è il Web3

Siamo arrivati alla fine del nostro racconto, abbiamo percorso ogni step dell’evoluzione del web e finalmente possiamo concentrarci sul web3: decentralizzato, sicuro, basato sulle blockchain.
L’obiettivo principale del web3 è riportare il controllo nelle mani degli utenti, togliendolo ai big di internet.

Insieme a questa importante prospettiva c’è l’intenzione di mettere un freno ad alcuni bug che ci portiamo dietro dal web 2.0, copyright e proprietà intellettuale.
Hai mai sentito parlare di NTF?

I Non-Fungible Token sono dei “gettoni digitali” che non possono essere riprodotti, sono unici e questo li rende ottimi per attestare la proprietà di un prodotto digitale. Quindi se compri un’opera d’arte o qualsiasi altro bene come NFT nessuno potrà mettere in dubbio che sia tuo. In modo simile a quello che accade con le firme digitali.
  

Un futuro decentralizzato con gli Smart Contract

Se hai avuto modo di approcciarti con il mondo delle criptovalute ti sarai imbattuto nel termine smart contract su siti come coinmarketcap. Perché questa digressione? Semplice, ad accentuare l’uso di queste tecnologie sono state proprio le cryptovalute, in particolare la moneta digitale per eccellenza, il Bitcoin.

I contratti intelligenti o Smart Contract non sono affatto una novità ma hanno trovano la loro massima espressione nel momento in cui sono stati usati in abbinamento alla tecnologia delle blockchain. Cos’è lo smart contract e perché è così importante?

Immagina di voler chiedere un prestito, un’assicurazione o effettuare la prenotazione di un viaggio, tutto questo può essere immediato. Senza lungaggini o troppe pratiche burocratiche, gli smart contract sono una serie di regole automatizzate che attraverso la blockchain ti consentono di sapere, in pochi istanti, se quanto richiedi come utente sarà o meno accettato dall’altra parte. Comodo non trovi?

  

Per concludere, nonostante il web sia notevolmente cambiato passando dall’essere un’entità statica a qualcosa di dinamico la sua evoluzione non è ancora completa. Quando la comunione tra l’attuale web, machine-learning ed intelligenza artificiale avverrà saremo davanti ad un evento di eccezionale portata.
Al momento è l’universo delle crypto valute e la finanza deFi l’esempio più calzante di quello che probabilmente sarà in parte il web del futuro.

 

Pricing strategy: le strategie dietro ai prezzi

strategie sui prezzi

Come vengono stabiliti i prezzi dei prodotti che andiamo acquistare? Cosa determina un prezzo piuttosto che un altro? Scopriamolo esaminando la situazione da due prospettive diverse che riguardano due diverse fasi: la scelta di entrare sul mercato e la fase di lancio di un prodotto.

Prima di parlare delle strategie più utilizzate vorrei fare chiarezza, da un punto di vista strettamente economico, sul concetto di costo medio: perché è un fattore determinante per le aziende e lo trovi spesso online indicato con il termine CU. Quest’ultimo rappresenta il costo che l’azienda deve sostenere per produrre una unità di prodotto. Cosa vuol dire in termini spicci?

Se hai un’attività produttiva, per entrare sul mercato ed essere competitivo non devi superare il costo medio, altrimenti non avrai alcun guadagno ma solo costi da sostenere.
Supponiamo che tu produca 1100 bottiglie di vino, e per farlo sostieni un costo complessivo di 500 euro. Se dividi le bottiglie ottenute per il costo totale, hai un costo medio di 2,20€.
Ora, questi valori erano solo a titolo d’esempio ma il punto è che se riesci a stare sotto il valore del costo medio di mercato, per un certo prodotto, puoi entrare anche tu a competere nella vendita.

Accanto a questi ragionamenti che riguardano il fatturato, le aziende devono anche capire che strategie sui prezzi mettere in campo nel breve, medio o lungo termine, per rende più appetibili i loro beni e servizi. Questa scelta influenza anche il punto di vista, o la percezione, che il consumatore ha rispetto al brand, perciò sono passi che vanno studiati senza fretta e nella giusta ottica.

Il pricing, per dirlo con un termine inglese, è anche un fattore interessante da valutare in termini di neuromarketing: una disciplina che studia le reazioni del cervello correlate a stimoli esterni e che portano alla scelta di una soluzione piuttosto che un’altra durante gli acquisti.

scaffale market esempi sui prezzi
Photo by Franki Chamaki on Unsplash

 

6 strategie sui prezzi più comunemente usate

Penetrazione

E’ una fase particolare, l’impresa vuole immettere sul mercato un prodotto e cosa potrebbe attirare meglio l’attenzione dei consumatori se non un prezzo più basso rispetto ad altri prodotti già sul mercato con caratteristiche simili? Il problema di questa tattica è che in fase di lancio l’azienda sa bene che andrà in perdita, ma ottiene l’enorme vantaggio di farsi conoscere ed apprezzare. Una volta raggiunto un certo di numero di vendite, e clienti soddisfatti, potrà riportare i suoi prezzi, per quel prodotto di prova, nella norma.

Premium

L’esatto opposto di quanto appena visto è il prezzo “premium”, dove l’obiettivo non è affatto convincere un utente ad avvicinarsi al marchio, o provare un prodotto, bensì mostrare subito che sul mercato c’è qualcosa di nuovo, di diverso, e che la qualità si paga. Devi avere davvero un prodotto vincente, che tutti sono disposti ad avere, costi quel che costi. I prodotti che lanci hanno già quindi una loro nicchia in cui tu, come venditore, hai un buon numero di clienti affezionati.

Price skimming

Soprattutto nei prodotti tecnologici notiamo spesso questa tipologia di prezzi. In fase di lancio sono alti, pensanti per gli early adopters, poi man mano che sul mercato escono nuovi prodotti o che l’azienda stessa ha nuovi modelli da proporre, dopo un certo periodo, i prezzi crollano e vanno a stabilizzarsi su un certo valore. L’idea di base è “scremare”, accontentando tutti gli utenti, in base al prezzo che possono sostenere. In fase iniziale si ottengono i risultati migliori, via via però, l’azienda cerca di abbassare i prezzi, riproponendo la stessa tecnica per i nuovi lanci. Si parla infatti di price skimming o “scrematura”.

Bundle

Chi non adora comprare qualcosa in bundle? Ho acquistato così il mio primo pacchetto composto da corpo macchina completo degli obiettivi per la stessa reflex. E’ un ottimo modo per vendere i tuoi prodotti, dando l’impressione quasi di “regalare” uno dei tuoi prodotti che, se comprato separatamente costerebbe di più. In realtà un piccolo guadagno, spesso, l’azienda lo ottiene. Potresti pensare di accostare, insieme ad un acquisto, un prodotto che sta per andare fuori produzione…

Economia

Ho lasciato per ultimo questa tipologia di prezzi per una ragione: non tutti possono permettersela. Guadagnare sulla quantità è un modo per tenere bassi i prezzi, ma non è una scelta che tutti quanti possono attuare. Se sei un rivenditore, o hai una produzione ingente, è sicuramente un vantaggio, altrimenti si tratta di stare in bilico sulla lama di un rasoio.

 

Spero che questa piccola panoramica sul mondo dei prezzi e le strategie che li riguardano sia stata d’aiuto e, se l’articolo è stato di tuo gradimento, non scordarti di condividerlo. Alla prossima…

 

 

Consulente di marketing

consulente di marketing

Ripensa all’ultima strategia che hai sviluppato per il tuo business online. Non importa se eri da solo o col tuo fidato reparto marketing. Ti sei mai trovato in una situazione di stallo dopo che, al lancio di una campagna online, sembrava essere tutto quanto perfetto?

Gli imprevisti capitano sempre strada facendo, l’importante è risolverli. Se, nonostante i tuoi sforzi, il fatturato non accenna a risalire e ti accorgi che i tuoi investimenti non producono i risultati sperati, metti un freno e contatta un esperto. È qui che entra in gioco il consulente di web marketing: la figura più adatta a risollevare una campagna ads e che aiuterà il tuo reparto a ripartire col piede giusto.

ragazzo che scrive marketing su una lavagna
Photo by Diggity Marketing on Unsplash

 

Azione o strategia, cosa fa?

Diciamo innanzitutto che il Marketer ed il Consulente di Marketing non sono la stessa figura. Hanno entrambi competenze di marketing mix ed advertising, ma il compito principale del consulente è strategico. Cosa vuol dire? Che il mestiere del consulente è quello di:

  • buttare giù il piano di marketing annuale, che accompagnerà il tuo business durante la navigazione online e offline;
  • trovare e porre rimedio, in corso d’opera, ad eventuali problematiche che la tua strategia sta subendo.

 

Il suo apporto può fornirti quella marcia in più che manca alla tua azienda:

  • integrando nuove idee e competenze utili al tuo staff;
  • facendoti risparmiare quel tempo che potresti altrimenti dedicare al tuo business.

Per occuparsi di tutti questi punti, il consulente sarà a stretto contatto con tutto ciò che concerne il tuo esercizio commerciale, delineandolo in ogni suo aspetto.
Concentrarsi su di un problema spesso ci rende ciechi, incapaci di vedere chiaramente la soluzione. Analizzando la situazione dall’esterno, in modo imparziale, un consulente riesce a capire quali sono le problematiche che affliggono la tua comunicazione.

 

6 esempi di consulenza sul web

Un consulente può essere sia un abile stratega alle tue dipendenze per fissare il piano marketing dell’anno, che diventare il tuo appuntamento periodico passando dalla strategia all’azione. In quest’ultimo caso potrebbe occuparsi insieme ad altri marketer di:

  • Campagne pubblicitarie, retargeting, acquisizione di leads, ecc;
  • Gestione E-commerce/Marketplace;
  • Content marketing e Social media;
  • Campagne cartellonistiche, offline marketing (coupon in store, ecc.);
  • Email marketing;
  • Gestione ed organizzazione del tuo CRM e simili.

Esistono molti modi per raggiungere un risultato ma, purtroppo, non sempre sono equivalenti. Qualcuno ti farà arrivare al tuo obiettivo in meno tempo oppure a fronte di un investimento minore, ecco il vantaggio di un parere esterno.

scritta think twice
Photo by explorenation # on Unsplash

 

Consulenza sul marketing: quando un brand dovrebbe richiederla?

Dal libero professionista che sta curando il suo personal brand all’impresa: una consulenza marketing può aiutarti a fare la differenza. Basta poco per rendersene conto, vuoi una prova? Bene, pensa a quali sono i tuoi competitor più in vista. Ora dedica un attimo del tuo tempo ad analizzarne, di almeno 3, i loro siti web e le piattaforme su cui sono presenti online.
Se hanno ingaggiato qualcuno che abbia ideato per loro una strategia, che si occupi ogni giorno del loro Brand, lo capirai subito; se non hanno provveduto ancora, un punto da sfruttare a tuo vantaggio.

Dovresti pensare di chiedere un consulto, in linea generale, se possiedi:

  • un’idea vincente per un prodotto o se stai mettendo su una start-up e vuoi stabilire il tuo piano d’azione;
  • business avviato e vuoi capire come porre rimedio ad una fase di stallo;
  • desideri aumentare i proventi della tua attività, pianificando nuove mosse di marketing.

Una consulenza marketing ad hoc non va vista come un costo ma come un investimento per il bene del tuo business. Il vero consulente sa sia consigliarti opportunamente che misurare ogni passo del tuo cammino: ti affianca durante la ricerca della soluzione perfetta e predispone al meglio lo staff che, insieme a te, affronterà la prossima sfida. Tenere in vita una attività non è un’impresa da poco, se senti di aver perso la bussola prova a chiedere un parere esterno.

 

Articolo scritto da Stefano Barattucci

Come relazionarsi con i clienti da freelance

rapportarsi da freelancer con i clienti

La vita di un freelance non è poi così diversa da quella di un impiegato quando si parla di gestire i rapporti con i clienti o con il pubblico. Bisogna esser portati, conoscere e capire chi ci sta davanti in quel momento e reagire di conseguenza.
Con il passare del tempo si impara ad essere marketer ed un tantino psicologi, ma per dirla in una parola sola si deve acquisire un certo savoir faire.

Ad esser sinceri non esistono delle regole valide universalmente al 100% per qualsiasi situazione, però l’esperienza, unita a diversi casi studio, può aiutarci ad entrare nella mente del nostro target e suggerirci qualcosa sul come comportarci.

scritta "we like you" su muro
[Photo di Yoav Hornung su Unsplash + Photo di Luke Southern su Unsplash]

Qualche consiglio su come relazionarsi al meglio con i propri clienti

Le regole di cui ti voglio parlare oggi ti sembreranno una banalità ma ti assicuro che sono molto efficaci e loro forza risiede nella loro immediatezza e semplicità. Questi consigli ti permetteranno di intraprendere o addentrarti nel mestiere del freelance con tranquillità, senza ansia.
Guardando il business model di un freelance provetto, noterai che davvero non ha nulla da invidiare al così agognato posto fisso: un mensile stabile o con poche oscillazioni, tempi di lavoro flessibili ed una gestione autonoma dei task.

Se sei più interessato al neuromarketing ho dedicato questo articolo all’argomento.
 

5 regole d’oro per lavorare come freelance senza paura

 

Ascolta il cliente

Ripetiamolo sempre questo punto nella nostra mente prima di un incontro di lavoro. Spesso ci facciamo un’idea del progetto del cliente che poi, a metà strada, va completamente rivista. Le nostre aspettative potrebbero andare a sopraffare i gusti e gli obiettivi del committente, bisogna allenarci ad interpretare bene ogni parole sulla bocca del nostro interlocutore. Mettiti nei panni di Google! Quando ti viene detto “Ho bisogno di un sito web” a volte dovrai capire se l’intento reale è davvero avere un sito (e non un Blog, una pagina Facebook o simili).

Non avere mai fretta

Ho sperimentato sulla mia pelle che a volte andare di corsa crea situazioni poco piacevoli. Lavorare sotto torchio, non avere respiro perché la scadenza è vicina (e spesso i file richiesti al cliente non arrivano o vanno completamente rivisti), è stressante. I clienti last-minute, quelli che vogliono tutto e subito ma non danno garanzie sul materiale che ti occorre, bisogna imparare a gestirli. Come? Chiedendo il tempo necessario per metter su un lavoro ad hoc. Dare il giusto peso e valore ad ogni dettaglio da schierare in campo non è un’operazione di qualche minuto…

Rifiuta le proposte di lavoro che non ti vanno a genio

Mai mentire sulle tue capacità, se non te la senti di iniziare un certo percorso è meglio declinare l’offerta. Questo consiglio vale doppio. Intendo dire che anche se una proposta lavorativa da parte di un potenziale cliente non è soddisfacente, o il cliente si rifiuta di seguire le tue direttive, facendo sempre di testa sua, allora valuta se è o meno il caso di proseguire un rapporto di collaborazione.

Non chiudere mai in modo brutale una trattativa

Capita a tutti quel momento no, quello in cui sentiamo di esser sul punto di perdere la pazienza. Ma a cosa serve perder la testa? Meglio riprendere fiato e ricordarsi di rispondere in modo garbato. Nessuno ti obbliga ad accettare, o collaborare, con chiunque ti si presenta davanti, bisogna scegliersi a vicenda!

Ringrazia sempre chi ti ha scelto

Ho sempre pensato che per strada un sorriso o un gesto amichevole ha la forza cambiare, o allietare, l’esito di una intera giornata.
Mi piace ringraziare! Non è un obbligo però nei rapporti a distanza, dove spesso il mezzo principale è la chat (molto impersonale e fredda) un emoji, un grazie, fanno la differenza.

Un piccolo bonus a quanto detto, ovvero la regola numero 6 se proprio vogliamo darle un numero è “crea la tua rete di contatti”. Ti sembrerà strano forse però i veri professionisti hanno dei collaboratori fidati. Non puoi affrontare ogni processo, ogni compito, che ti viene delegato dal cliente da solo, in totale autonomia. Un servizio che vale ha dietro un team che se ne occupa anche se non è detto che il cliente ne debba esser al corrente. Non è facile, lo so bene, richiederà molto tempo. Saranno gocce di sudore ben spese, fidati.
Una lettura che potresti trovare utile per quanto riguarda la gestione dello stress da lavoro e l’organizzazione delle tue attività produttive è il libro di Tony Schwartz: Non si può lavorare cosi!

Bene, siamo arrivati alla conclusione di questo piccolo post dedicato al mondo dei lavoratori da remoto, quali sono le tue esperienze a riguardo? Lasciami un commento o condividi con i tuoi amici quest’articolo se ti ha fatto sorridere, sperare o ti è stato utile 😉

 

Perché usare l’email marketing durante le feste

Le migliori opportunità di promozione con l’e-mail marketing sono sempre durante le festività o nei periodi di vacanza, lo hai notato? Siamo tutti più propensi a spendere e ci tuffiamo sul prodotto avvistato al miglior prezzo.
Nelle feste gli acquisti spesso vengono effettuati in negozio cioè offline, ma ciò non toglie che offrire un piccolo aiuto ai clienti, informandoli per mail delle offerte che troveranno disponibili venendoti a trovare, non è male. Per questa ragione ritaglia un angolino del tuo tempo per inviare e-mail e newsletter nei periodi più caldi dell’anno, le feste. Non devi necessariamente esser presente ad ogni festività, ma in quelle a cui andrai a partecipare presentati organizzato!

vetrina con sconto 70% sul vestiario
Photo by Gyorgy Bakos on Unsplash

 

Analisi di pro e contro delle precedenti campagne

Cosa è andato storto nelle scorse campagne di e-mail marketing? Per saperlo dovrai scandagliare ogni mail inviata, verificandone ogni parametro (ad esempio quali sono state quelle più cliccate, in quale area la tua comunicazione ha riscosso più successo e dove invece non ha ricevuto apprezzamenti ecc). Se trovi una chiave di lettura dei dati a tua disposizione, puoi replicarne i successi con più facilità.
Hai mai pensato di spiare i tuoi competitor con degli strumenti come MailCharts?
Esistono dei tools con cui puoi verificare le cadenze con cui i tuoi concorrenti inviano mail e, allo stesso tempo, tenere sott’occhio i tuoi risultati.

 

L’offerta giusta al momento giusto

Non puoi offrire sconti e promozioni uguali a quelli che sei solito fare nei periodi in cui i tuoi clienti si aspettano di risparmiare molto, le feste. Dovrai offrire loro offerte shock, in alternanza, tra una promo e l’altra (meglio ancora se proponi ai clienti più affezionati un ulteriore sconto). Segmentare il target nella maniera più corretta è un’enorme vantaggio per tutti.

 

Non dimenticare il piano B

Sia che le tue promozioni vadano a picco che procedano bene, devi esser sempre consapevole di cosa fare. Tieni pronto un piano di riserva per entrambi gli scenari. Non pensare che sia sufficiente tenere sotto controllo la sola fase del lancio di una campagna. Cerca di studiare al meglio i periodi che precedono le date designate al lancio, i periodi intermedi ed i successivi.

Allora, sei pronto a programmare le tue prossime campagne per il 2020? Il mail marketing ha ancora un enorme potenziale, non sottovalutarlo…

Ricerche vocali e Local SEO: quanto sei preparato?

local seo

Che le ricerche vocali siano in crescita in quest’ultimo anno è un dato di fatto e l’opzione “voice search” è ormai parte integrante di una marea di dispositivi: dallo smartphone alle automobili ad i cosiddetti “assistenti virtuali” come Google Home ed Amazon Echo.
Secondo uno studio condotto da Uberall per il mercato americano, sono pronti ad affrontare correttamente le ricerche vocali solo pochi settori, tra cui in testa troviamo:

  • Studi medici (dentisti, benessere, mangiar sano)
  • Il campo delle ristrutturazioni (casa, fai da te)
  • Avvocati penali

Entro il 2020 si stima una crescita del 50% delle ricerche vocali, per questo motivo bisogna prepararsi al cambiamento per non restare indietro. Vedremo insieme quali sono gli errori più comunemente commessi quando si parla di ricerche vocali e quali sono i valori su cui agire per evitarli.


 

Perché utilizzare le ricerche vocali?

E’ interessante il comportamento degli utenti che utilizzano più spesso le ricerche vocali.
Durante il giorno siamo presi da molte attività e, quando siamo di fretta, diamo vita allo scenario perfetto in cui entrano in gioco i comandi vocali: avere risultati smart.
Chi usa molto la ricerca vocale vuole una pronta risposta e questo si incastra perfettamente nelle “ricerche locali”, ovvero tutte quelle che svolgiamo con l’intento di avere informazioni su un Brand che si trova in un determinato luogo:

  • Il nome di un negozio
  • Un indirizzo o CAP
  • Numero di telefono
  • Orari di apertura o chiusura
  • Il sito web


Gli errori più comuni sono dovuti alle informazioni appena elencate
che, spesso, non offrono all’utente quei valori sperati. Per non incorrere in questi problemi dovrai specificare al meglio i dati utili ai bot, rendendoli a loro comprensibili e univoci.
Una parte, durante le ricerche, è svolta poi dagli assistenti virtuali. Siri, Cortana e simili aiutano i motori di ricerca!

Come ottimizzare il sito web?

Da diverso tempo si parla di web semantico, un modo per far capire ai crawler dei motori di ricerca, tramite alcuni parametri detti “meta-dati”, a cosa corrispondono per noi alcuni valori (nome del brand, indirizzo, numero di telefono ecc.), dando loro un significato.
Questi collegamenti permettono di non lasciare alla libera interpretazione dei bot le nostre pagine ma, durante la ricerca, di vederci restituiti esattamente i risultati che speriamo; un vantaggio per noi e per i crawler, che faranno meno fatica a capire il nostro intento di ricerca.
 

Quali sono i vantaggi di una Local SEO perfetta?

Chi non ha mai digitato nel motore di ricerca una query simile:

  • “Orario di apertura di …”
  • “Consegne a domicilio a …”
  • “B&B vicino a…”

sono tutti esempi di ricerche locali, in cui siamo chiaramente interessati ad attività e negozi che risiedono in una determinata zona (in prossimità della nostra posizione o di un luogo in cui siamo diretti).
Apparire tra i primi risultati della SERP, per questo tipo di ricerche, può fare la differenza. In questo caso le schede di Google My Business, Bing e Apple sono una fonte essenziale di informazioni su cui dovrai lavorare costantemente!

In conclusione se hai una attività locale non scordarti di testare periodicamente la SERP, utilizzando anche i comandi vocali dello smartphone! Non sa come attivarli? Ecco come abilitare la ricerca vocale su Android.

 


Vorresti nel tuo blog un articolo come questo?
Se stai cercando un copywriter freelance che scriva i tuoi contenuti contattami

 


 

Posizionamento SEO e Social media sono collegati?

Hai mai sentito parlare di “social signals” o ti sei mai chiesto quale impatto abbiano i social sul posizionamento del tuo sito web? Analizziamo più da vicino la questione.

La SEO ed i Social media

Iniziamo dicendo che non c’è una vera e propria corrispondenza tra social signals e posizionamento, ma i social possono comunque contribuire, vediamo come.
Se ci soffermiamo ad analizzare i motori di ricerca ed i loro risultati notiamo spesso che gli articoli che ottengono un buon numero di condivisioni, tanti like e che sono quindi “popolari” nei social media, tendono a posizionarsi nella parte alta della SERP. Un fenomeno tutt’altro che casuale. I motori di ricerca, Google in particolare, stanno molto attenti ad offrire ad i loro utenti contenuti di qualità. Per questo motivo spesso i post che ottengono molti share, like o retweet all’interno dei social media risultano – in molti casi – essere quelli “premiati” con le migliori posizioni tra i risultati dei motori di ricerca. E’ davvero tutto qui? Non esattamente…

Per un principio di Causa Effetto…

Il responsabile del nostro miglioramento tra i risultati dei motori di ricerca non è dovuto alle nostre attività sui social, è vero, ma gli effetti positivi dei social media sulla SEO li percepiamo per diverse ragioni tra cui:

  • La visibilità di un post porta traffico al sito web;
  • Più un articolo è di qualità più probabilità ha di ricevere link in ingresso.

I fattori appena visti, a differenza dei social signals veri e propri, aiutano in modo diretto e tangibile al posizionamento SEO del nostro portale online. Non dimentichiamo poi che le condivisioni sono utili a far prendere consapevolezza del nostro Brand, a generare leads e ad incrementare la vendita dei nostri prodotti o servizi.

Come ottenere condivisioni

Non è affatto facile come sembra fare in modo che un contenuto diventi “virale”. Non esiste purtroppo una formula universalmente valida da applicare in questi casi. Possiamo ottenere le condivisioni dei post sui social media in due modi: il primo si ha quando un utente decide di condividere il nostro post, in modo del tutto naturale e di sua spontanea iniziativa. L’altro metodo è la sponsorizzazione – ad esempio, su Facebook, tramite una campagna con obiettivo interazione – dei nostri articoli.
Il contenuto che offriamo al target di riferimento deve essere originale e di qualità, altrimenti non otterremo i risultati sperati. Soprattutto dopo l’avvento dell’algoritmo Google Panda i contenuti che si trovano sul nostro blog, se hanno duplicati online, non sono ben visti.
In che modo possiamo fare la differenza? Occorre non lasciare troppe variabili al caso! Tra le armi vincenti c’è l’avere sempre un buon piano editoriale, con articoli interessanti e che offrano un incentivo all’utente che è spinto alla loro condivisione (e-book gratuiti, infografiche, video, quiz ecc), e curare la comunicazione in base alle caratteristiche dei social che scegli di utilizzare.
Prestando un pizzico di attenzione e monitorando costantemente le attività online i risultati, ti assicuro, non tarderanno ad arrivare. L’importante è portare avanti una strategia integrata che preveda SEO e Social Media insieme.

 

Backlink: cosa sono e come ottenerli

link building

Quando ci si affaccia alla seo off-page bisogna sempre confrontarsi con un argomento delicato: come ottenere backlink di qualità. Questa pratica, detta link building, richiede diversi sforzi e l’investimento di tempo ed energie ma ne vale la pena. L’intento di questo post sarà quello di offrire una panoramica a neofiti e curiosi.

link immagine

Indice:
Cosa sono i backlink
Come trovare i link rotti o broken link
Monitorare i backlink
Capire se un link è di qualità

 

Cosa sono i backlink e perché sono importanti


All’interno di internet ogni “spostamento” avviene tramite i link. Se vuoi muoverti da un contenuto ad un altro, all’interno del tuo sito web o verso altri, i link, sono i protagonisti indiscussi.
Questo meccanismo di “collegamenti”, in funzione da sempre, permette ai motori di ricerca di stabilire quale sito è più autorevole. Più riesci ad essere linkato da siti simili al tuo e più i motori di ricerca hanno ragione di presume che il tuo blog o portale sia rilevante.
Linkare ma soprattutto ricevere a nostra volta dei collegamenti in modo naturale non è semplice e, chiunque ha un sito lo sa bene.
Nonostante i contenuti siano di qualità spesso, a maggior ragione nel breve tempo, non vengono notati se non ci diamo da fare. Per questa ragione monitorare periodicamente il proprio profilo di link in entrata (incoming link, inbound link o backlink) e quello dei competitor ci è utile per tracciare una strategia.

# 3 consigli per farsi notare

  • Utilizzare i social e condividere i contenuti: Youtube, Facebook, Linkeding, Flickr.com o SlideShare. Perché loro? Beh, posizionare un articolo in alto, nella SERP, richiede tempo e fatica per questo motivo tieni sempre presente queste opzioni;
  • Broken link: Questa tecnica prevede di scrivere una mail, invitando un sito web a prendere in considerazione un tuo contenuto in sostituzione di una loro pagina interrotta o risorsa mancante – la vera sfida, vedremo, è trovare gli errori 404 che ci occorrono;
  • Guest post: Ospitare ed esser ospitati su un blog è uno tra i sistemi più utilizzati per far crescere il proprio sito e scambiarsi con cautela i backlink.

In realtà questi sono dei modi molto “comuni” di procedere, ne esistono tanti altri, ma questi credimi sono molto efficaci, e li puoi subito applicare. Se utilizzare i social è semplice d’altro canto utilizzarli bene non è banale come molti credono. Tuttavia, in questo articolo, mi concentrerò sulla ricerca dei Broken link.

Come trovare i Broken link?


Generalmente nessuno è lieto di trovare un errore 404 ma quando si tratta di intercettare dei broken link si tratta di andare a caccia delle favolose scritte “404 not found”. Come trovarle?
Per prima cosa dobbiamo capire che contenuti abbiamo da offrire e a quel punto cercare quei siti web che hanno bisogno esattamente di noi.
Per trovare i domini utilizzabili devi procedere per tentativi e andare a pescarli con l’ausilio delle parole chiavi utili a far trovare le tue risorse. I siti che corrispondono alle query di ricerca delle tue risorse, che sei pronto a condividere, saranno quelli da analizzare. Una volta che avrai preso appunti – segnando tutti i domini da scansire che trattano gli argomenti che ti riguardano – potresti usare software come Screaming Frog o Broken Link Checkerper trovare i link interrotti.

Screaming Frog e Broken Link Checker

# Screaming Frog è un crawler molto molto avanzato che mi piace utilizzare ma non è semplicissimo da utilizzare all’inizio e la versione freeware ha molte limitazioni. Le alternative a questo software sono programmi come Visual SEO, XENU ecc. Sebbene siano utili ricordati di non esagerare troppo con le ricerche in modo da non vedere in futuro il tuo ip bloccato. Di seguito una gif animata:

gif trovare i broken link

# Broken link Checker se devi verificare senza troppe pretese se un sito ha dei 404 puoi farlo con un piccolo addons di Chrome. Basta andare su Chrome store e installare l’estensione. In alto a destra apparirà un icona [A] e, cliccandola, potrai avviare uno scan – può a volte risultare un po lenta la scansione ma è un tool essenziale e gratuito da usare al volo.

broken link checker immagine esempio chrome

Bene, arrivati fin qui questa sarà la parte in cui andremo a creare “legami”! Si, mi piace pensare che la link building sia un rapporto di conoscenza ed amicizia con siti affini.
Appena individuati gli “errori”, e avendo pronti i “contenuti in sostituzione”, andremo a scrivere una e-mail: l’obiettivo è di proporre un fix dell’errore 404 con un nostro contenuto nuovo di zecca! C’è interesse in questo scambio, perché? Gli errori come il “not found” non fanno bene ai portali per cui il proprietario, in genere, accetta di fare un redirect alle nostre risorse per bypassare quell’inconveniente; ma se non dovesse andare in porto tu avrai comunque una lista di siti a cui rifare l’offerta giusto?

Ma se volessimo analizzare le nostre pagine ed avere un check-up SEO, scaricabile, per avere dei dati concreti sulla bontà del nostro sito – compreso il profilo backlink? Una delle migliori risorse che trovi in circolazione è SEMRush, soprattutto per quanto riguarda siti di grossa portata e progetti internazionali. Nel pannello di questa suite seo – alla voce Progetti – troverai l’opzione “Seo Audit”! Vediamo ora come controllare il profilo degli inbound link.

Monitorare i Backlink


calamita link
Tool per tenere sott’occhio i backlink o, allo stesso modo, scoprire quali sono i link in ingresso ce ne sono davvero tanti!

Breve premessa su cos’è un link e come utilizzarlo:
Se senti parlare di link è perchè c’è un collegamento su una parola e, quest’ultima prende il nome di “ancora”, insieme a questa, puoi specificare degli attributi detti “rel” (ad esempio “rel=no-follow” o “rel=do-follow”) importanti ai fini della link-building.
Il motore di ricerca, con i suoi algoritmi, sceglie quale seguire tra i siti che linki e, per farla breve, quelli do-follow hanno più valore ai fini del rank e vengono presi assolutamente in considerazione. Attenzione però! Non devi pensare che un backlink no-follow sia “inutile”, semplicemente, non fa disperdere il link-juice (passaggio di valore o rank tra un sito e un altro); quindi se ad un sito vuoi passare “valore” devi usare il rel=”do-follow”. Puoi approfondire questi argomenti dall’inizio leggendo la mia guida per principianti.

anatomia link immagine
fonte img – serverplan

 

Analizzare i link che puntano al nostro sito e quelli dei competitor

 

# 1 – Con SEMRush

Per analizzare il profilo dei tuoi link puoi andare sulla Dashboard di SEMRush, in Analisi Dominio > Backlink – dopo aver inserito la URL di riferimento che vuoi analizzare quindi il tuo dominio o quello da “spiare”.
Noterai allora un elenco con i siti di riferimento, le anchor-text (ovvero il nome che utilizzi su un link per portare l’utente ad un contenuto), e dei parametri che ti indicato il tipo di link: no-follow, do-follow, nuovi ecc

 

Cosa hai appena ottenuto?

  • I link no-follow;
  • I link do-follow;
  • Se clicchi su Nuovi, i nuovi collegamenti verso il tuo sito o i tuoi contenuti (utile anche per verificare i guest post);
  • Ti verranno segnalati i link al tuo sito che hai perso (così da valutare se eventualmente devi ottenerne di nuovi).

analizzare profili inbound link

Quando ti ho suggerito che puoi utilizzare il dominio del tuo competitor per analizzarlo, non ti ho spiegato che SEMRush ha anche un sistema interessante alla voce che si chiama proprio “Competitor”. Supponiamo che sei interessato ai backlink comuni ad un profilo link simile al tuo. Dopo aver inserito la tua url nel pannello Backlink, cliccando per ottenere il report Competitor avrai in risultato i backlink in comune ai tuoi competitor: cioè quelli che possiedono un profilo link simile al tuo; evitando di prendere in considerazione colossi che sono del tutto fuori dalla tua portata.

# 2 – Usando MOZ

Un tool simile che a volte utilizzo è Moz OSE. Il funzionamento è simile a quanto visto fin ora: inserendo la URL dopo aver rilevato il sito appariranno gli insight; anche in questo caso la versione gratuita ti darà solo una parte dei dati – la restante va sbloccata a pagamento.

Molti si chiedono quale sia il miglior software da utilizzare! Ce ne sono davvero molti e tutti validi, ad esempio, Majestic SEO – che sento di consigliarti. Dipende però tutto dal tuo budget, da ciò che devi andare ad analizzare e dal tipo di progetto che devi portare a termine.
Sicuramente anche i tool gratuiti sono comodi ma hanno delle grosse limitazioni e, se vai a lavorare a regime, te ne accorgerai. Per questo ti consiglio di valutare le suite seo per iniziare; scegli quella che reputi più utile ed intuitiva senza però fossilizzarti.

 

moz ose screen inbound link

# 3 vantaggi nel monitorare il profilo dei backlink

  • Capire quali contenuti sono linkati e da quale sito provengono: utile per stringere legami con gli admin di altri siti, magari contattandoli per ringraziarli o per quanto riguarda i guest post.
  • Scoprire se ci sono post che ricevono più considerazione aggiungendo valore al sito: se devi aggiornare i contenuti di un post, dovresti iniziare da quelli che riscuotono più successo. I backlink ti forniscono, insieme ai tool di analisi del traffico, degli ottimi spunti. A chi si occupa di e-commerce consiglio poi un post di Yulia Shevy che trovi qui, dove viene preso in considerazione Sephora. Nell’articolo viene evidenziato come i link in ingresso, per un certo prodotto, possono esser utilizzati nel caso in cui quel prodotto non sia più disponibile. Come? Effettua un redirect ad un prodotto o servizio simile e non avrai speso invano il tuo tempo nell’acquisire quei backlink.
  • Eliminare, disavow, i link da siti non consoni o di poco valore: Puoi utilizzare SEMRush per creare una lista scaricabile dei siti che non vuoi che Google prenda in considerazione. Se ti stai chiedendo che importanza ha togliere il riferimento di un sito la risposta è la seguente: potrebbero contribuire a distruggere la tua SEO.

 

Come capisco che un backlink è di pessima qualità?


Se i collegamenti possono aiutare il sito ad emergere rispetto altri, allo stesso modo, ottenere link in modo scorretto – che è la via più facile – può farti incorrere in penalizzazioni da parte dei motori di ricerca.

# 3 segnali che un link proviene da un sito di pessima qualità

Quando si inizia a monitorare i backlink salteranno all’occhio sicuramente gli inbound link che provengono da:

  • Backlink a pagamento – alla larga dai servizi che vengono pacchetti abnormi di backlink a pochi euro. Un backlink ha più valore se il sito da cui lo ricevi è affine al tuo. Ricorda poi che ricevere di colpo tante attenzioni, da siti nuovi, non farà altro che attirare gli algoritmi di Google come Sauron con l’unico anello 😛
  • Siti con alto tasso di spam – commenti palesemente truccati o che contengono messaggi e link a siti con domini .xyz nascosti e simili.
  • Iscriversi alle directory – non tutte le directory sono utili anzi i più importanti progetti sono stati chiusi (DMOZ – per dirne una – ha chiuso attorno al 2017), fai dunque attenzione, se scegli di usarle, a dove ti iscrivi.

 

Ci sarebbe molto da dire sui parametri da tenere in considerazione quando si fa link building ma questi sono quelli che penso siano tra i più “importanti”. Nota che su MOZ è presente una “spam score”, avevo accennato qualcosa qui ma le linee-guida del tool sono più esplicative: “The Moz Spam Score represents the percentage of sites with similar features we’ve found to be penalized or banned by Google”

 

Consulente SEO: come scegliere quello giusto?

il consulente seo

Indice:
Chi è il consulente seo e cosa fa?
Qual è la sua missione?
Quali competenze ha?
5 domande da porsi per trovare un buon consulente

Chi è il consulente seo e cosa fa?

La missione del consulente SEO è supportare le aziende per migliorare la loro visibilità sui motori di ricerca. In questo articolo cerchiamo di capire chi è e cosa fa e di come le aziende lo possono utilizzare per incrementare le vendite. L’esperto SEO deve avere una vasta gamma di abilità ed essere dotato di varie qualità tecniche ed umane perché al sua figura è centrale nella riuscita di un progetto sul web.

Le missioni di un consulente SEO

Come suggerisce il nome, il consulente fornisce consigli in ambito SEO, SEM e Marketing online. Queste raccomandazioni sono inerenti alla visibilità di un sito web sui principali motori di ricerca come Bing e Google.
Per fare ciò, il consulente SEO realizza un audit SEO. Questo audit mira a determinare i fattori che bloccano il corretto posizionamento del sito web o del blog in questione.
Il consulente SEO può controllare e valutare l’impatto delle azioni che il suo cliente sta eseguendo e dargli altre raccomandazioni mese dopo mese, a seconda dell’evoluzione delle posizioni del sito. Di solito si tratta di ottimizzazioni dei contenuti esistenti, come la scrittura di titoli rilevanti e l’arricchimento semantico. Tra questi vi sono anche gli approcci per aumentare la popolarità di un sito web attraverso l’acquisizione di link, segnali che sono simili a delle recensioni positive agli occhi dei motori di ricerca. Infine, il terzo tipo di azione riguarda aspetti più tecnici della SEO che faciliteranno l’indicizzazione da parte dei robot dei motori, è particolarmente importante per i siti molto grandi. A queste missioni si aggiungono operazioni che garantiscono al cliente che il lavoro è ben fatto per promuovere la visibilità del sito a lungo termine. Le prerogative di un consulente SEO spesso vanno ben oltre le raccomandazioni SEO. È spesso richiesto di formare team interni nel campo del web marketing per integrare le migliori pratiche. Inoltre, i professionisti che desiderano aumentare il proprio pubblico molto rapidamente utilizzano i propri servizi per la gestione delle campagne AdWords.

Consulente SEO: le qualità da possedere

In primo luogo, un consulente SEO deve essere umile. Conoscere gli elementi che migliorano il posizionamento di un sito sui motori di ricerca non ti da il diritto di fare il prepotente, soprattutto perché non c’è certezza in questo settore. Inoltre, segue da vicino l’evoluzione delle regole e può ridefinire la strategia SEO adatta se lo ritiene necessario. Il SEO Specialist non è necessariamente un esperto in informatica, ma ha alcune nozioni in fase di sviluppo poiché talvolta viene portato a vedere o modificare il codice sorgente di una pagina web. Un consulente SEO qualificato è anche in grado di analizzare l’ergonomia di un sito o di un e-commerce e formulare raccomandazioni per migliorare l’esperienza utente, una funzione che gioca un ruolo importante nella SEO. L’esperto SEO si distingue per la sua qualità editoriale e deve saper trattare argomenti più o meno complessi, tenendo conto delle specificità del web (articoli concisi e strutturati che catturano il lettore). Anche la curiosità fa parte delle sue peculiarità.
Essere curioso gli permette di interessarsi a nuove tecniche e di essere un passo avanti rispetto agli altri. Questo è un settore in cambiamento e i trend cambiano in continuazione . Inoltre è un vantaggio nel trovare link per i propri clienti. Come già scrivevamo in un altro articolo che tratta di un consulente SEO ha tutto l’interesse a mostrare pazienza e pedagogia poiché a volte occorrono diversi mesi per osservare i primi risultati delle ottimizzazioni. Un pedagogo professionista ha la facoltà di trasmettere alcuni dei suoi know-how, il che non è trascurabile durante la formazione SEO.

5 domande da porsi per trovare un buon consulente SEO

  1. Quali sono i riferimenti del consulente ?
    Un consulente SEO rispettabile dovrebbe essere pronto a condividere un breve elenco di clienti attuali e precedenti e le loro informazioni di contatto. Questi riferimenti possono aiutare a valutare l’efficacia del candidato, nonché a verificare che la persona abbia effettivamente lavorato su specifiche campagne SEO.
  2. Come pensi di migliorare le mie prestazioni ?
    Assicurati che la proposta del candidato includa una revisione tecnica iniziale del tuo sito Web per eliminare i problemi che potrebbero che inficiano sul posizionamento del tuo sito. Un buon consulente SEO deve fornire un’ottimizzazione “on-page” per rendere il tuo sito il più user-friendly possibile. Deve anche occuparsi delle strategie SEO “Off page”. Questa parte ha lo scopo di rendere noti i tuoi contenuti su altri siti e blog. Un SEO deve essere versatile e sapere come gestire l’ottimizzazione SEO tanto quanto la scrittura web o alcuni aspetti puramente tecnici.
  3. Puoi garantire una posizione su Google o su un altro motore di ricerca ?
    La risposta non dovrebbe mai essere sì. È impossibile conoscere con precisione le evoluzioni del tuo sito in termini di posizionamento. L’ottimizzazione sarà sempre utile ma quanto nessuno può dire, nemmeno un esperto SEO. L’acquisizione del traffico passa attraverso un gran numero di criteri, creazione di contenuti, netlinking o qualità della mesh interna.
  4. Come misuri il successo delle tue azioni SEO?
    Per valutare il successo degli sforzi SEO, devi tracciare esattamente quanto traffico viene inviato al tuo sito web e da dove proviene. I consulenti devono essere esperti nell’uso di Google Analytics. Quanto spesso pianificano di condividere queste analisi con voi? Come useranno i dati per migliorare continuamente il potenziale del tuo sito?
  5. Cosa succederà quando raggiungerai la fine del contratto?
    Assicurati che le ottimizzazioni per tutta la consegna non vadano perse alla fine del contratto. Le azioni intraprese dovrebbero essere di tua proprietà e devi continuare a raccogliere i benefici anche dopo la fine del servizio.

Articolo scritto da: Giulio Stella

Brand identity: Cos’è e come costruirla

Cos’è il Brand?

Pensa ad una di queste situazioni: ascoltare una canzone, leggere un libro, guardare la pubblicità o fissare semplicemente un dipinto. Sei mai riuscito ad intuire “qualcosa in più” nell’esatto istante in cui svolgevi quelle attività? Sei riuscito ad intuire l’artista del brano alla radio, l’autore di una frase o il prodotto dello spot in televisione ancor prima dell’annuncio esplicito? Può sembrarti banale ma accade proprio questo: le nostre emozioni ci aiutano a riconoscere tra tutte, un’azienda sola; ed è questo ciò che rende un’identità o, brand aziendale, unica e funzionale.
Su internet sentirai anche parlare di personal branding! Questo perché ormai anche la fama di un singolo personaggio pubblico, conosciuto magari tramite il suo nome o un nome d’arte, può esser visto e considerato un brand.

La marca è un nome, simbolo, disegno, o una combinazione di tali elementi, con cui si identificano prodotti o servizi di uno o più venditori al fine di differenziarli da altri offerti dalla concorrenza.
– wikipedia

 

Marca, Brand e Marchio: che differenze ci sono?

La marca è sinonimo della parola “brand”, quest’ultimo è legato a delle caratteristiche che altro non sono che la rappresentazione “dei valori” di una azienda; non pensare mai che i valori non siano importanti perché, in base a questi, deve essere in grado di farti provare delle emozioni e conquistarti.
Il “marchio” invece è un simbolo distintivo, e che va registrato, in relazione ad un brand. Il marchio può esser composto da logo e da un pittogramma oppure da un solo elemento tra i due.
Se senti parlare di logotipo – abbreviato quasi sempre in “logo” – pensa al font e ad una scritta, ma quando c’è un’immagine di mezzo, ricordati che quello che stai guardando è un pittogramma.

 

immagine esempio logotipo e pittogramma

 

Prima ho accennato al fatto che i valori del brand sono importantissimi e voglio spiegarti il perché prendendo il caso di youtube e del “brand safety” come esempio.
I social sono un’ottima fonte di traffico per i nostri siti web, basta un click, e i tuoi followers possono visualizzare il tuo ultimo articolo e condividerlo (in alcuni casi, pensa soprattutto ai video, facendoli diventare virali). Pensa dunque una campagna pubblicitaria che impatto può avere sulla tua visibilità!
Perché allora molte aziende si sono lamentate per la pubblicità con colossi come Youtube? Perché i valori dell’azienda non erano stato rispettati. Il brand safety infatti si riferisce all’allocazione dei banner pubblicitari nel loro corretto posto, nel rispetto dunque di quelle che sono le caratteristiche ed il settore dell’azienda. E’ utile? Si, per evitare accostamenti sbagliati! Nessuno vuole dare una visione del proprio brand negativa, o diversa, rispetto a quella che è la sua realtà.

Youtube, esplode un nuovo caso “brand safety”: le pubblicità di 300 aziende sono infatti state veicolate su canali che promuovono contenuti estremisti o violenti di vario tipo

Ora capisci bene, da questo esempio estremo, che l’immagine online e offline va costruita con cura e deve rientrare in delle linee guida.

 

Come si arriva a definire l’identità dell’azienda?

I passaggi che vanno fatti per arrivare alla definizione di un brand possono essere diversi, sul blog di semrush, ad esempio, vengono individuati 5 step.
Per farti capire bene il quadro generale della situazione voglio dirti innanzi tutto di fissare due punti pensando alla tua futura attività: la visione e la missione. Questo ti consentirà di capire in che direzione andare, tenendo sempre in mente però a chi rivolgerai i tuoi prodotti – il tuo target.

 

Visione e missione aziendale: cosa sono?

La visione è una parte astratta, riguarda ciò che un imprenditore sogna per la sua attività: il mercato in cui operare, le manovre ed i servizi da offrire. La missione invece va a “concretizzare” quello che “la vision” voleva esprimere: la storia dell’azienda, i suoi valori, gli strumenti ed i prodotti a disposizione, la clientela ecc.
Una volta chiarite le idee su questi due aspetti potrai passare ad una delle fasi, tra le più delicate, che ti accompagneranno per tutto il tuo percorso: la scelta del nome, naming, e del logo. A questo punto il consiglio è di guardarti intorno prima di proseguire. Il tuo “nome” esiste già? Ed il logo che andrai ad utilizzare? Che tono userai per interfacciarti con i tuoi potenziali clienti e dove riuscirai ad ingaggiarli… in quali canali dovrai esser presente? Di questi ultimi aspetti se ne occuperà la tua “strategia di comunicazione”.

Alcune domande utili da porsi per abbozzare una strategia potrebbero essere:

  • Qual è il contesto in cui voglio inserirmi?
  • Chi è il mio cliente ideale? Come si comporta durante la giornata?
  • Quale obiettivo vorrei raggiungere con i miei prodotti/servizi?
  • Quali canali “online e offline” userò per farmi conoscere?
  • Quali mosse devo fare e con che tempistiche?
  • Ho già tutto quello che mi occorre per iniziare?
  • Quanto posso permettermi di investire?
  • Valuta i risultati ottenuti e correggi gli errori per la prossima mossa

 
scrivere
 

Quindi cosa dovresti fare nello specifico?

Durante la prima fase non si hanno subito le idee chiare su tutto, per questo occorre fermarsi e riflettere. Prendiamo carta e penna e cerchiamo di capire, nel contesto in cui andremo ad operare, che problematiche esistono e come porvi rimedio per mezzo dei nostri prodotti/servizi.
Facciamo dunque un giro online (nelle strategie digitali torna sempre utile) e vediamo come si comportano gli altri (i nostri competitor) a riguardo.
Come comunicano, se hanno forum, pagine facebook o piuttosto un canale youtube…se aggiornano il blog spesso o di rado e che argomenti trattano…Sono tutti segnali che possono aiutarci. Cosa ci piace delle loro tattiche e cosa cambieremmo se fossimo al loro posto? Pensiamo che quell’approccio porta dei buoni risultati? Allora proviamolo …altrimenti cambiamo rotta..

La scelta degli obiettivi va fatta pensando al breve, medio e lungo termine! Quali sono le tempistiche con cui vuoi raggiungere i tuoi primi obiettivi? Qui dovrai cercare di essere realistico! Tutti vorremmo in pochi giorni metter su un’impresa con dei guadagni da capogiro ma non è così semplice, soprattutto se sei ancora in fase di lancio. Valuta dunque che i primi mesi non è scontato ottenere i risultati sperati.
Un piccolo consiglio poi per la scelta dei canali che intendi utilizzare per l’engagement della tua audience: non pensare solo a quale canale “ti piace di più”! Pensa piuttosto “i tuoi clienti cosa utilizzano più volentieri per trovare prodotti simili al tuo?” 😉 Una volta stabilita la tua identità è, con la consapevolezza di chi sei e cosa offri, avanza senza paura, good luck!